Il segreto per lo sviluppo sereno della società? Saper ascoltare anche i giovani
È sempre interessante mettersi in dialogo con tutti gli interlocutori per cogliere quali forme di disagio possano aver innescato atteggiamenti che invitano a riflettere. Provare a formulare qualche ipotesi di riflessione può diventare occasione per rendere più sereno anche il percorso culturale che tutti i giovani devono realizzare con l’aiuto dei propri formatori.
Cosa chiedono i giovani quando si trovano di fronte ad adulti che ricoprono responsabilità che interloquiscono con il loro presente e il loro futuro? Capacità di essere ascoltati in un dialogo sereno; concretezza di linguaggio nel proporre iniziative; chiarezza nel saper condividere progetti; trasparenza nella gestione dell’Istituzione chiamata a garantire la formazione culturale.
Capacità di ascolto, concretezza nei progetti, chiarezza e trasparenza nella gestione delle iniziative. È facile pensare a questi ideali? Facile è pensarlo, ma non impossibile da realizzare quanto vi è racchiuso. Proviamo a declinare, allora, questi aspetti che il lettore comprende essere la punta dell’iceberg di un disagio ormai diffuso da tempo.
Dalla parte dei giovani
Se proviamo a metterci dalla parte dei giovani balza evidente come talvolta manchi il coraggio di essere guardati negli occhi mentre esprimono osservazioni o sottolineano atteggiamenti forse non consoni al loro modo di vedere, o puntano il dito su situazioni che avrebbero bisogno di maggior trasparenza.
I giovani non sono contenitori da riempire, ma persone che possono avere la capacità di interloquire e aiutare gli adulti a saper accostare il problema del momento con un occhio o un atteggiamento diverso, sicuramente non contrapposto ma complementare. Saperli ascoltare non è facile; richiede un minimo di umiltà e di consapevolezza di sé e dei propri limiti, soprattutto se si ricoprono mansioni di notevole responsabilità in ordine all’educazione e alla formazione culturale. Saperli ascoltare permane una sfida: chi sa raccoglierla può dire di avere in mano vari aspetti relativi al futuro della presente gioventù. Resta pertanto utile da declinare un interessante apoftegma: «Beati quelli che sanno ascoltare, riusciranno a parlare e a farsi comprendere!». Se poi ci mettiamo anche un po’ di empatia allora la beatitudine siamo certi che può raggiungere l’obiettivo!
Dalla parte degli educatori
Se ci mettiamo dalla parte degli educatori l’orizzonte con le sue sfide non si presenta subito trasparente. L’educatore ha una sua cultura e una propria responsabilità. Ricopre un ruolo non facile in quanto da una parte ha una “missione” da portare a termine seguendo i programmi ministeriali; dall’altra si trova dinanzi ad un gruppo di giovani – talvolta di culture diverse – che attendono di fare un cammino culturale e insieme umano proprio attraverso il percorso della singola disciplina.
La competenza dell’educatore – una competenza relativa ai contenuti da approfondire e alla capacità di saperli trasmettere – non si improvvisa; cresce anch’essa nella dialettica delle lezioni e con il desiderio da parte dell’insegnante di entrare nell’orizzonte culturale degli allievi.
In tutto questo un aspetto essenziale è racchiuso nella metodologia con cui il formatore, il docente, sa interloquire e relazionarsi con i giovani che attendono di tornare a casa con
qualcosa di chiaro e di costruttivo. Non tutto sarà subito chiaro dall’inizio, ma la capacità del docente è tale da far intravedere i risvolti in un prossimo futuro di quanto sta declinando.
Quale apoftegma pertanto può formularsi da questo versante? «Beati quelli che sanno trasmettere con metodo la cultura acquisita con la propria competenza e professionalità, sapranno lasciare nell’intelligenza dei giovani il desiderio di conoscere senza mai fermarsi!».
Così il cantiere della scuola non chiuderà mai i propri lavori perché la vera curiosità è il segreto per ogni positiva riuscita nella vita.
Il Direttore Spirituale
Prof. Don Manlio Sodi