Don Manlio SodiApprofondimenti

Silenzio, parla Giuseppe!

Questa sì che è bella; di quale Giuseppe si parla? o meglio, quale Giuseppe si dovrebbe ascoltare? È tutto chiaro. Si tratta di san Giuseppe: di quella persona di cui non esiste alcuna parola nei Vangeli. E allora cosa ha da dire? Più di quanto non possiamo immaginare!

Il nome «Giuseppe» sembra essere il più diffuso nel mondo. Alcuni esempi: Iosephus (latino), Ιωσήφ (greco), Józef (polacco), Joseph (inglese), Josef (ceco, tedesco, norvegese), Josip (croato), José (spagnolo), Иосиф (russo); e si potrebbe continuare ancora con esempi in numerose altre lingue.

Se prendiamo in mano la sacra Scrittura vediamo che nell’Antico Testamento Giuseppe è nominato ben 152 volte. Nel Nuovo Testamento 14 volte il riferimento è al padre putativo di Gesù, mentre per 22 volte sono chiamati in causa altri personaggi con questo nome.

Il «Direttorio su pietà popolare e liturgia» dedica alla figura di san Giuseppe sei paragrafi. Nel n. 218 così si legge: «Iddio nella sua provvidente sapienza, per attuare il piano della salvezza, assegnò a Giuseppe di Nazaret, uomo giusto, sposo della Vergine Maria, una missione di particolare importanza: introdurre legalmente Gesù nella stirpe di Davide da cui, secondo la promessa, doveva nascere il Messia Salvatore, e fungere da padre e da custode nei suoi confronti. In virtù di questa missione san Giuseppe intervenne attivamente nei misteri dell’infanzia del Salvatore: ebbe da Dio la rivelazione dell’origine divina della maternità di Maria e fu testimone privilegiato della nascita di Gesù a Betlemme, dell’adorazione dei pastori e dell’omaggio dei Magi venuti dall’Oriente; compì il suo dovere religioso nei confronti del Bambino, introducendolo con la circoncisione nell’alleanza di Abramo e imponendogli il nome di Gesù; secondo le prescrizioni della Legge, presentò il Bambino al Tempio, lo riscattò con l’offerta dei poveri e, pieno di stupore, ascoltò il cantico profetico di Simeone; protesse la Madre e il Figlio dalla persecuzione di Erode riparando in Egitto; si recava ogni anno a Gerusalemme con la Madre e il Bambino per la festa di Pasqua e partecipò, sgomento, alla vicenda dello smarrimento di Gesù, dodicenne, nel Tempio; visse nella casa di Nazaret, esercitando la sua autorità paterna nei confronti di Gesù, che gli era sottomesso, istruendolo nella Legge e nell’esercizio del mestiere di falegname».

Questa sintesi dice tutto. Quali allora le parole da ascoltare? Quella di san Giuseppe è la parola del silenzio: un silenzio coraggioso e fedele; il silenzio di una presenza quotidiana, discreta e nascosta; il silenzio di un protagonismo senza pari, all’insegna della fedeltà e dell’obbedienza, fondato sull’accoglienza della volontà divina e insieme sul coraggio creativo di fronte a situazioni emergenziali come la fuga verso l’Egitto; il silenzio operoso che dà dignità al lavoro mentre educa un «Figlio» rispettando la sua libertà e introducendolo all’esperienza della vita.

«Io lo immagino giovane, forte, nella pienezza dell’età – scrive san Josemaría -. Sappiamo invece che non era ricco: era un lavoratore come milioni di uomini nel mondo; esercitava il mestiere faticoso e umile che Dio, prendendo la nostra carne e volendo vivere per trent’anni come uno qualunque tra di noi, aveva scelto per sé. La sacra Scrittura ricorda che Giuseppe era artigiano. Dai racconti evangelici risalta la grande personalità umana di Giuseppe: in nessuna circostanza si dimostra un debole o un pavido dinanzi alla vita; al contrario, sa affrontare i problemi, supera le situazioni difficili, accetta con responsabilità e iniziativa i compiti che gli vengono affidati».

Nell’anno dedicato a san Giuseppe il papa Francesco con la Lettera apostolica «Patris corde – Con cuore di padre» invita a cogliere un’occasione privilegiata: conoscere meglio la figura del «Custode della Chiesa» per far tesoro del suo esempio e della sua potente intercessione.