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La dimensione religiosa può sfidare la politica?

È passato del tempo da quando K. Marx (1818-1883) definiva la religione «oppio dei popoli». Aveva alcuni motivi per formulare una simile affermazione; la loro plausibilità ha avuto nel confronto con la storia – precedente e successiva – vari risvolti di adesione, di critica costruttiva, di rifiuto.

Bisognerà attendere il pontificato di Leone XIII (1878-1903) per vedere la prima enciclica Rerum novarum sulle realtà sociali (1891). Successivamente, durante il secolo XX fioriranno numerosi documenti del magistero sociale della Chiesa soprattutto a partire da Giovanni XXIII, Paolo VI, e Giovanni Paolo II. La sintesi di tutto questo è oggi accessibile nel Compendio della Dottrina sociale della Chiesa (2004). Sulla stessa linea si sono sviluppati ulteriori approfondimenti durante il pontificato di Benedetto XVI e di papa Francesco.

«Oppio o fermento?». L’interrogativo potrebbe essere risolto meglio così: Oppio o cura disintossicante? Ambedue, manifestano un dato di fatto: lo stretto rapporto che intercorre tra la credenza religiosa e le sfide poste dal sociale.

Evidenziare il significato sociale della preghiera e dei sacramenti non è compiere un’azione devozionale, ma radicare nell’esperienza cultuale il senso di un agire cristiano nel sociale. È il segreto per avvalorare il richiamo ad una visione non parcellizzata della vita di fede. Solo una vera dimensione spirituale riesce a connotare l’autentico sviluppo integrale della persona, perché è in questo contesto che è possibile acquisire quel cuore nuovo e quegli occhi limpidi che permettono di superare la visione materialistica degli avvenimenti umani e di intravedere un «oltre» che la tecnica non può dare.

In tal modo il confronto sul sociale può essere assunto tanto come fermento per una vita più umana che come cura disintossicante di fronte a scelte che non pongono l’uomo al centro. L’orizzonte è chiaro; le strategie possono essere già in atto.

Su questa linea tornano eloquenti le parole profetiche di don Sturzo quando nel 1956 scriveva al Circolo Luigi Sturzo di Napoli: «La missione del cattolico in ogni attività umana, politica, economica, scientifica, artistica, tecnica è tutta impregnata di ideali superiori, perché in tutto si riflette il divino. Se questo senso del divino manca, tutto si deturpa: la politica diviene mezzo di arricchimento, l’economia arriva al furto e alla truffa, la scienza si applica ai forni di Dachau, la filosofia al materialismo e al marxismo, l’arte decade nel meretricio…».

Ecco perché la politica ha bisogno di essere «saturata di eticità, ispirata all’amore del prossimo, resa nobile dalla finalità del bene comune». Così si esprime Benedetto XVI nella Caritas in veritate, e conclude: «Solo se pensiamo di essere chiamati in quanto singoli e in quanto comunità a far parte della famiglia di Dio, saremo anche capaci di produrre un nuovo pensiero e di esprimere nuove energie a servizio di un vero umanesimo integrale».

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Prof. Don Manlio Sodi

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