Don Manlio SodiApprofondimenti

Dall’«oscuro» Medioevo il faro per la nostra civiltà

Ci sono ancora oggi degli innamorati delle ubbie illuministe – pochi in verità e in via di estinzione – che ritengono il tempo dell’età di mezzo come un «secolo» pieno di oscurità, e quindi da bypassare il più velocemente possibile sia nello studio dei documenti che nel confronto serio con i segni che tale periodo ha lasciato dietro di sé quando è sopraggiunta la globalizzazione in seguito alle scoperte geografiche.

È vero. Oggi però constatiamo un’attenzione sempre più spiccata rivolta proprio al tempo del Medioevo. Ne sono artefici studi e ricerche sempre più interessanti; lo certificano riscoperte di monumenti talvolta trascurati; lo garantiscono documenti di archivio che rivelano un’inesauribile fonte di documentazione (nonostante distrazioni, distruzioni, incendi, depauperamenti vari…); lo evidenziano spettacoli di diverso spessore culturale sia pur arricchiti di notevoli fantasie; lo testimoniano espressioni tradizionali radicate nel tessuto ordinario dei nostri territori. Si potrebbe continuare in questa linea. Ma sorge la domanda: perché queste provocazioni?

Il 2021 segna il settimo centenario della morte di Dante Alighieri. La sua figura e la sua opera permangono emblematiche nella cultura mondiale, mentre continuano ad essere un punto di riferimento cui attingere idee, citazioni, scoperte letterarie, geografiche, nomi e situazioni specchio dell’animo umano; e tutto questo attraverso il confronto, talvolta impegnativo, con voli pindarici affidati ad una lingua che proprio con «l’Altissimo Poeta» è decollata per assurgere a linguaggio di un popolo, ad emblema di una cultura.

Accostare il Poeta è immergersi nel Medioevo. È un tempo in cui le nostre terre – non solo toscane – vedono il progressivo strutturarsi del tessuto sociale, politico ed economico attorno ai Comuni e a quelle Istituzioni come la Chiesa, che garantiscono un vivere civile. Conoscere per esempio gli Statuti dei primi Comuni (del 1337 quelli di Montepulciano) è fonte di scoperte molto interessanti per le attenzioni alle persone e per il radicamento nel territorio.

Ma queste righe non intendono tracciare pagine di storia; vogliono solo ricordare le tante luci che sgorgano dal Medioevo per giungere al grande faro che è Dante. Sono luci il lavoro dei monaci che hanno fatto giungere fino a noi i tesori culturali dell’antichità; sono luci le elaborazioni giuridiche di Graziano da Chiusi, il frutto del cui lavoro di assemblaggio del diritto dell’antichità fa scuola ancora oggi e non solo in Italia; sono luci la conoscenza dell’algebra (tramite gli Arabi), dell’astronomia, del computo – si pensi al Liber Abbaci del Fibonacci, da poco edito nel 2019; sono luci le costruzioni laiche e religiose che denotano un’inventività artistica e di ingegno che continua a destare ammirazione; sono luci le grandi cattedrali in tutta Europa, mentre noi contempliamo l’opera di Pio II a Pienza; sono luci i primi passi di una pittura che si muove da Cimabue e da Giotto per raggiungere poi vette sublimi nel Rinascimento; sono luci le Università che contribuiscono allo sviluppo e alla diffusione della cultura; sono luci i documenti musivi che caratterizzano alcuni edifici di fede, frutto di dialogo culturale e artistico con l’Oriente; sono luci quelle notazioni musicali che renderanno il canto gregoriano una felice sintesi tra testo e musica, per giungere poi a Guido d’Arezzo ed espandersi nelle grandi composizioni del XVI secolo… Si potrebbe continuare; le esemplificazioni, comunque, invitano a sollevare lo sguardo verso una visione più unitaria e veritiera del periodo che ha dato vita ai tempi moderni, alla nostra cultura.

E Dante? Ecco il mistero della sintesi! È facile avere in bocca qualche citazione dantesca; ma entrare nella sua visione non è né facile né immediato. Il Poeta è il personaggio che in una grandiosa visione teologica rilegge l’universalità (relativamente al suo tempo) delle vicende umane con i loro valori e disvalori. Il tutto è convogliato verso un punto Omega che alla fine delle tre Cantiche è iconizzato nel «riveder le stelle», indirizza «a salire a le stelle», per essere immerso in quel«l’amor che move il sole e l’altre stelle».

L’Anno Dantesco comporterà tante iniziative che aiuteranno tutti non solo a contemplare quel faro della nostra civiltà, ma anche e soprattutto – questo è l’auspicio! – a lasciarsi illuminare da una visione che trascende temporanee ideologie per fare propria l’dea di fondo: la visione di un cosmo garantita da quell’«l’alta luce che da sé è vera» (Paradiso XXXIII, 53).

Il Direttore Spirituale

Prof. Don Manlio Sodi