Davvero esistiamo solo se siamo “visti”?
Di tanto in tanto capita di ascoltare o di ripetere una classica espressione: “cogito, ergo sum”. Cartesio, da buon filosofo, coniava il detto per affermare che quando uno riesce a pensare è il segno che esiste. L’affermazione sembra banale, ma di fatto invita a riflettere. Se uno è capace di pensare, e di pensare seriamente, significa che sa affrontare la vita nei suoi molteplici aspetti.
Nei tempi moderni, con lo sviluppo del mondo della comunicazione nei suoi infiniti ritrovati, si sta diffondendo un’altra espressione che, ispirandosi alla prima, risulta così formulata: “videor, ergo sum”. Se appaio sui social, se mi vedono in tanti allora vuol dire che esisto, che ci sono, che sono qualcuno… E così la ricerca affannosa del conteggio dei like – del “mi piace” – fa sì che i profili di persone o di istituzioni nascano e si sviluppino in maniera esponenziale. Ma cosa sta dietro questa – spesso affannosa – ricerca di essere visti, di essere ammirati, o di diventare strumenti pubblicitari con tanto di risvolti economici?
Senza dubbio la pubblicità è l’anima del commercio, e nessuno può metterlo in dubbio. Chi si colloca in questo orizzonte di lavoro sa come investire le proprie energie e potenzialità legate alla postazione di un’immagine o di una foto o di un video per raggiungere obiettivi concreti.
Ma la maggior parte dei giovani che non si colloca in questo orizzonte di lavoro si lascia coinvolgere dall’apparire, dal sentirsi ricercato, dal vedersi ammirato… E tutto questo come fine a se stesso; un vuoto effimero che lascia spesso in un affanno tale che costringe a pensare: “se nessuno mi vede e non mi ricerca o non mi ammira vuol dire che non valgo nulla…”! Da qui forme di depressione o di atteggiamenti violenti più o meno sottili tali da sfociare in situazioni di disagio di vario genere.
Come rientrare in se stessi? Come far sì che dal mondo effimero dell’immagine e del contatto mediatico si possa mantenere il contatto con la realtà? L’educazione all’uso dei social è uno dei problemi del nostro tempo. Da tante parti il problema è sollevato e affrontato; resta la sfida dell’accoglienza da parte soprattutto dei giovani nell’accettare i richiami ai valori e ai pericoli circa l’uso dei social. Una sfida che coinvolge la responsabilità di ogni persona che abbia compiti educativi nell’ambito della famiglia, della scuola, del volontariato, della società.
Il Direttore Spirituale
Prof. Don Manlio Sodi