Don Manlio SodiApprofondimenti

«Santa»: una Settimana davvero speciale

Tra le 52 settimane che strutturano la successione dei mesi e degli anni ce n’è una che nel contesto cristiano è definita «santa». Perché? La risposta è ben presente in chiunque si trovi a vivere e a percorrere quell’itinerario di fede cristiana che guarda al Cristo come suo costante punto di riferimento e come sorgente del proprio agire. «Santa» dunque per gli eventi santi che si celebrano e perché è sorgente e alimento di santità. In questo anno, poi, tale sorgente è ancora più particolarmente ricercata, anche se molti vi si avvicineranno solo virtualmente tramite social!

Gli eventi che caratterizzano gli ultimi giorni terreni della vita del Signore Gesù sono racchiusi nello scorrere di sette giorni: quel ritmo di tempo cioè che va dall’ingresso in Gerusalemme fino al primo giorno dopo il sabato, alla domenica della Risurrezione.

La coincidenza di questa «settimana» con un evento astronomico sembra avere quasi un carattere enigmatico. Nello scorrere dei ritmi del tempo, perché questi sette giorni vengono a trovarsi in un periodo molto particolare dell’anno, e per di più con un’oscillazione di circa un mese? Tutto è da ricondurre all’origine della Pasqua stabilita da circa tre millenni al tempo della luna piena, il 14 del mese di Nisan (marzo-aprile). E la data della Pasqua segnerà l’appuntamento essenziale per rinnovare l’alleanza tra Dio e il suo popolo. Il sacrificio del Cristo, quale nuovo e definitivo Agnello pasquale, coincidendo quell’anno con la celebrazione della Pasqua ebraica, costituirà il momento più pieno e definitivo dell’alleanza tra Dio e il novo popolo eletto, che accetta di porsi al seguito del Signore Gesù.

Nell’arco dei sette giorni «pasquali» sono drammaticamente riproposti gli eventi ultimi della vita del Cristo. Si pensi tra l’altro alle molteplici forme devozionali che caratterizzano la pietà popolare della settimana santa, e che in questo anno non si potranno attuare se non nella memoria e nella… prospettiva. Le varie celebrazioni non sono però un semplice ricordo. Esse hanno la capacità, per chi vi si lascia coinvolgere nella fede, di rendere presente la realtà salvifica operata dal Salvatore. È da questa realtà che scaturiscono conseguenze essenziali per la vita di fede quale alimento e sostegno di tutte le sfide che si pongono dinanzi al credente.

Cosa dice allora all’uomo di oggi e di sempre quanto viene riproposto nell’articolazione delle diverse celebrazioni? E come vivere questi eventi – particolarmente in questo anno ancora così problematico – in modo che da una Pasqua all’altra possiamo essere guidati verso quella Pasqua che non avrà mai fine perché al di là del tempo?

Domenica delle palme. Un ingresso nella città santa all’insegna degli «osanna», ma che preannuncia la Passione. E la liturgia invita a pregare: «… fa’ che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della passione per partecipare alla gloria della risurrezione». È qui la chiave per comprendere il mistero di ieri, di oggi, di sempre: mistero del Cristo, mistero del cristiano, mistero della Chiesa. E compreso anche il mistero della pandemia in cui si sta muovendo l’intera umanità.

La Messa crismale. Tra il mercoledì pomeriggio e il mattino del giovedì santo, secondo la tradizione, in ogni diocesi si celebra la Messa crismale. Il vescovo con i propri presbiteri manifesta il mistero della Chiesa; un mistero racchiuso nella risposta alla chiamata del Maestro per servire la Comunità; un ministero che annovera tanti caduti a causa della pandemia; un mistero sorretto e avvalorato dai santi segni di cui la benedizione e consacrazione degli Oli costituisce il simbolo e dunque il richiamo.

Una «tre giorni» molto particolare. Il triduo pasquale è il cuore della Settimana santa, il centro dell’anno liturgico. Tre giorni da vivere con un’intensità particolare, sorretti da quanto si celebra, si prega e si medita, ma anche con un ritmo che va al di là della considerazione ordinaria della giornata, perché ci si muove in una realtà teologico-vitale che scorre da sera a sera, sia pur senza alcuni particolari appuntamenti in questo anno, come la pietà e devozione popolare ben conosce!

Il primo giorno: tra la sera del giovedì e quella del venerdì santo la Chiesa celebra il memoriale del mistero della Croce anticipato da Gesù nei segni dell’Ultima Cena e portato a pienezza sul Golgota. Da qui la sorgente essenziale della spiritualità della Chiesa, radicata direttamente sul sacrificio eucaristico: sacrificio conviviale e convito sacrificale. L’apparente gioco delle parole non fa altro che ricondurre all’essenza di quanto si rinnova nella partecipazione al mistero eucaristico, pasqua settimanale e quotidiana del credente. L’impossibilità di attuare l’emblematico segno della lavanda dei piedi fa ripensare all’enorme impegno della disponibilità attuata dalle Chiese in questi mesi!

Il secondo giorno: tra la sera del venerdì e la sera del sabato santo. È il giorno del silenzio; il mistero dell’attesa permea il cuore umano, come in quelle ore avrà inondato di attesa il cuore di Maria e di chi era rimasto fedele. La Chiesa medita sul racconto della passione secondo il testo di san Giovanni, e allarga l’orizzonte della propria preghiera al mondo intero sulla linea di dieci intenzioni – con l’aggiunta di quella speciale per la pandemia -, anch’esse simbolo di uno sguardo orante senza confini, che la Chiesa rende vivo e perennemente attuale. Ma tale silenzio in questo anno è particolarmente carico di tutti quei silenzi che il cuore umano sta vivendo a causa delle tante situazioni di disagio e di morte.

Il terzo giorno: tra la sera del sabato e la domenica della risurrezione. La Veglia pasquale «madre di tutte le sante Veglie» racchiude con i suoi quattro tempi il ritmo di un percorso che nel ricordo degli eventi salvifici diventa traccia per una perenne e sempre più profonda adesione. Se la liturgia della luce ricorda che Cristo è la Luce che rischiara ogni tenebra, è la liturgia della Parola che dà senso al vegliare in attesa del Risorto. Le nove letture – anche se talvolta ridotte a cinque – offrono alla memoria del fedele il ricordo degli eventi essenziali della storia della salvezza per immedesimarvisi, per trarre da tutto ciò quella linfa vitale che, sola, può alimentare la vita nello Spirito. È nelle pagine dell’Antico e del Nuovo Testamento che si comprende l’opera della misericordia divina. Il terzo tempo è caratterizzato dalla liturgia dell’acqua: sorgente di vita, l’acqua ricorda il Battesimo, fonte di rigenerazione. Il fedele che si accosta a questi testi al di là del momento celebrativo sa trarre motivi sempre nuovi per avvalorare e sorreggere il proprio cammino spirituale radicandolo nel mistero della Pasqua. E finalmente il quarto tempo è costituito dalla partecipazione alla mensa eucaristica, sorgente di vita nuova, perché «il vero Agnello… morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita»: quella vita che è garanzia del «premio dell’immortalità futura».

Ecco il linguaggio della liturgia: parole che non solo annunciano ma che realizzano il mistero proclamato quando il fedele le accoglie facendole proprie nella vita di ogni giorno. Solo allora si può dire che ogni giorno è Pasqua! E in questo anno i simboli parleranno con una maggiore intensità a tutti quei cuori che attendono con passione la luce di una vita nuova all’insegna della serenità e della salute, fisica e spirituale!

Il Direttore Spirituale

Prof. Don Manlio Sodi