Il Santo del Giorno

Santo del Giorno, 6 luglio – Santa Maria Goretti

Maria Goretti, all’anagrafe Maria Teresa Goretti fu vittima di omicidio a seguito di un tentativo di stupro da parte di un vicino di casa. Papa Pio XII la canonizzò nel 1950, la Chiesa cattolica la venera come santa e martire.

Biografia

La famiglia Goretti, originaria di Corinaldo nelle Marche, era composta dai coniugi Luigi Goretti e Assunta Carlini, entrambi coltivatori diretti, e dai loro sette figli. I loro nomi erano: Antonio (morto infante), Angelo, Maria, Mariano (detto Marino), Alessandro (detto Sandrino), Ersilia e Teresa.

La vita della giovane Maria, fino al suo omicidio, non fu diversa da quella dei figli di molti lavoratori agricoli. Loro, come altri, dovettero lasciare le proprie terre per cercare sostentamento altrove. C’erano analfabetismo, denutrizione, lavoro pesante fin dall’infanzia. Di Maria Goretti non erano note fotografie fino al 2017, quando il giornale Famiglia Cristiana sostenne d’averla ritrovata in una di quel periodo. Il suo aspetto era stato derivato dal referto autoptico. Deceduta a 11 anni, era alta 1,38 m e appariva vistosamente sottopeso, oltre a presentare sintomi di malaria in fase avanzata.

Maria Goretti in quella che si crede essere l’unica fotografia di lei esistente, scattata forse pochi mesi prima del suo assassinio nel 1902 (Fonte: Wikipedia)

L’omicidio

I Goretti, in cerca di una migliore occupazione, si trasferirono inizialmente a Paliano (nei pressi di Anagni). In seguito andarono alle Ferriere di Conca, oggi frazione di Latina, assieme ai Serenelli, una famiglia amica, occupando la locale “Cascina Antica”. Nel 1900, Luigi Goretti morì di malaria e la collaborazione coi Serenelli, anch’essi in difficoltà, si fece ancora più stretta. Alessandro, secondogenito dei Serenelli, tentò diversi approcci nei confronti dell’undicenne, che raggiunsero il culmine nell’estate del 1902. Il 5 luglio, con la scusa di farsi rammendare dei vestiti, Alessandro attirò Maria in casa e tentò di violentarla. Di fronte alle grida e ai tentativi comunque istintivi di difendersi, la ferì più volte con un punteruolo.

Al processo, come detto ai carabinieri dopo l’arresto, Serenelli confessò di aver preparato l’arma per usarla qualora la bambina gli avesse opposto resistenza. Confessò inoltre che la decisione di uccidere Maria fu in parte motivata dal desiderio di fuggire dalla vita intollerabile nei campi. Aveva la convinzione che la vita in carcere fosse preferibile.

Maria, ancora cosciente, venne trasportata all’ospedale Orsenigo di Nettuno. La morte sopravvenne il giorno successivo per una setticemia conseguente a un intervento chirurgico. Le esequie vennero celebrate l’8 luglio 1902 nella cappella dell’ospedale, e il corpo della bambina sepolto nel cimitero comunale.

Alessandro Serenelli fu condannato a 30 anni di reclusione. Nel carcere giudiziario di Noto, dal 1902 al 1918, incoraggiato dal vescovo di Noto del tempo, Giovanni Blandini, maturò il pentimento e la conversione alla religione cattolica. Anni dopo Serenelli avrebbe raccontato di aver tentato una riconciliazione con la famiglia e la religione in seguito a un sogno in cui la sua vittima gli offriva dei gigli che si trasformavano in fiammelle. Nel 1929, dopo 27 anni di reclusione, Serenelli fu scarcerato in anticipo per buona condotta e chiese il perdono dei familiari di Maria Goretti. La madre glielo accordò. Dopo tale episodio, Serenelli trascorse il resto della sua vita come giardiniere e portinaio in vari conventi. L’ultimo era dei cappuccini a Macerata dove morì il 6 maggio 1970, a 87 anni, per le conseguenze di una frattura del femore provocata da una caduta.

Il culto

Fin da subito, la devozione per Maria Goretti si diffuse tra gli strati più umili della popolazione. In particolare era nota negli strati rurali, appartenenti allo stesso mondo in cui la piccola martire era cresciuta. Questo grazie all’ininterrotta opera di divulgazione dei padri passionisti di Nettuno a cui si aggiunse l’Azione Cattolica romana col giornale “Vera Roma” nel ricostruire sempre nuovi e fantasiosi dettagli biografici. Perfino il regime fascista cercò di cavalcare la devozione popolare per far nascere un’icona locale cara ai contadini delle paludi bonificate.

Dopo la caduta del fascismo e della monarchia sabauda, l’immagine di Maria Goretti rimase popolare anche presso i non cattolici. Tant’è che il giovane dirigente comunista Enrico Berlinguer indicò nel coraggio e nella tenacia della piccola santa un esempio da imitare per le giovani militanti comuniste. Nel 1953, il leader del Partito Comunista Italiano Palmiro Togliatti propose Maria Goretti come modello di vita alle giovani comuniste facenti parte della FGCI, Federazione Giovanile Comunista Italiana.

A partire dagli anni settanta, in periodo di affermazione del femminismo, la figura di Maria Goretti perse gradualmente popolarità, in quanto ritenuta dai non cattolici troppo legata a una visione tradizionale della donna, casta, votata alla maternità e al lavoro domestico.

L’11 dicembre 1949 la Congregazione delle Cause dei Santi riconobbe come miracolose due guarigioni attribuite all’intercessione di Maria Goretti. Si tratta di quella di Giuseppe Cupe (8 maggio 1947) e di quella di Anna Grossi Musumarra da pleurite (11 maggio dello stesso anno). Solo dopo la nuova terza causa di beatificazione si era potuto procedere alla successiva canonizzazione. Essa avvenne in continuità nel pontificato di Pio XII, concludendosi il 24 giugno 1950. Per la prima volta, nella millenaria storia della Chiesa, la cerimonia si svolse all’aperto in piazza San Pietro a Città del Vaticano. Partecipò anche la madre di Maria Goretti. Il giorno di commemorazione istituito fu il 6 luglio, anniversario della morte della giovane.

Secondo l’agiografia, le motivazioni della proclamazione della sua santità furono due in particolare. In primo luogo il perdono concesso da Maria al suo uccisore poco prima di morire, perdono che condusse alla conversione di Alessandro Serenelli e poi alla decisione di entrare in convento dopo aver scontato 30 anni di carcere. In secondo luogo, il proposito fatto a 11 anni, al momento di ricevere la prima comunione «di morire prima di commettere dei peccati».

Il corpo e le reliquie di Maria Goretti, venerata come “martire della purezza”, sono conservati a Nettuno, nel Santuario di Nostra signora delle Grazie e di Santa Maria Goretti e a Corinaldo, in provincia d’Ancona. Nella stessa città è visitabile anche la sua casa natale.

Seguendo un’idea di papa Benedetto XVI, che valutò anche papa Francesco, si pensò di associare Maria Goretti a santa Dinfna come protettrice delle vittime di stupro. (Leggi QUI la biografia di Santa Dinfna)

Maria Goretti, in un dipinto del 1929 (Fonte: Wikipedia)

Controversie

Nel 1984 Giordano Bruno Guerri pubblicò il libro Povera Santa, povero assassino. Egli descriveva la storia di Goretti come il risultato di condizioni di vita miserabili, ignoranza e suggerendone una sua strumentalizzazione da parte della Chiesa cattolica. Il 5 febbraio 1985, la Congregazione delle cause dei santi istituiva una commissione di studio per replicare al libro con l’intento dichiarato di «restituire ai fedeli quella serenità che è stata turbata con insinuazioni e affermazioni semplicistiche e tendenziose». Inoltre, come ricorda Guerri, nella conferenza, l’allora Prefetto Pietro Palazzini argomentava: «Giordano Bruno Guerri è uno strumento del Demonio».

Poco tempo dopo, L’Osservatore Romano condannava Guerri a essere «fuori dalla comunità ecclesiale». Mentre giornali come Prospettive nel mondo denunciavano: «si tenta di colpire con ogni mezzo la devozione popolare, il senso del sacro nella vita, con un lavaggio del cervello in grande stile. È operazione degna di manipolatori nazisti o sovietici dei mass-media».

Nel marzo dell’anno successivo la commissione denunciava di aver trovato diverse inesattezze. E sosteneva: «Questo libro anziché presentare la vera storia di Maria Goretti è invece colmo di errori di ogni genere e falsifica oggettivamente la verità storica». Guerri rispose querelando la commissione per diffamazione a mezzo stampa. Contemporaneamente aveva ricevuto una denuncia per vilipendio della religione. Il Tribunale di Roma però archiviò tutto per non luogo a procedere.

Alcune attiviste per i diritti delle donne all’uscita del libro, affermarono che «Maria Goretti è il modello che ci hanno dato, quello che serve alla società per misurare la nostra colpa. La donna deve resistere fino alla morte, altrimenti è consenziente, cioè è complice del proprio stupratore»”. Povera Santa, povero assassino rimaneva a riferimento nel tempo di un modello della donna, duramente contestata in tutti i casi di violenza contro le donne.

 

 

Fonte: Wikipedia