Il Santo del Giorno

Santo del Giorno, 1 marzo – San Felice III

Felice III, della gens Anicia, è stato il 48º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica, che lo venera come santo. Fu papa dal 13 marzo 483 alla sua morte.

Biografia

Felice nacque da una famiglia senatoriale romana, la gens Anicia; figlio di un ecclesiastico, sembra che prima di accedere agli ordini sacri, sia stato sposato ed abbia avuto un figlio, Gordiano, padre a sua volta del futuro papa Agapito I e di Palatino, a sua volta padre di un secondo Gordiano e nonno di papa Gregorio I.

In realtà di Felice, insignito del titolo cardinalizio di Fasciolae, non si conosce nulla di certo fino a quando non successe a papa Simplicio nel 483.

L’elezione del papa avveniva di prassi con la scelta che faceva il popolo di Roma e la ratifica imperiale. Ma, non essendoci più l’imperatore d’Occidente, fu Odoacre a rivendicare tale diritto per sé. Inviò pertanto a Roma il funzionario Cecina Basilio, che si presentò con un decreto, firmato a suo dire dal defunto papa Simplicio, in cui si prescriveva che l’elezione di un papa dovesse d’ora in poi avvenire con la consulenza dei delegati regali. Nessuno si oppose al presunto decreto e dalle consultazioni uscì eletto Felice, consacrato poi il 13 marzo 483.

L’eresia monofisita

A quella data la Chiesa era ancora nel mezzo del suo lungo conflitto con l’eresia di Eutiche. L’anno precedente l’imperatore Zenone, dietro suggerimento del patriarca di Costantinopoli Acacio, aveva pubblicato un editto noto come Henotikon (o Atto di Unione) nel quale dichiarava che nessun simbolo di fede diverso da quelli stabiliti a Nicea, con le aggiunte del 381, poteva essere riconosciuto. L’editto si interpretò come un obbligo di riconciliazione fra cattolici ed eutichiani, ma provocò conflitti più gravi che mai e divise la Chiesa orientale in tre o quattro fazioni. Nel momento in cui i cattolici rifiutarono l’editto, l’imperatore sostituì i patriarchi di Antiochia di Siria, Martirio, e quello di Alessandria d’Egitto, Giovanni Talaia. Pietro Fullo, un noto monofisita, s’insediò nella sede di Antiochia e Pietro Mongo occupò quella di Alessandria.

Nel suo primo sinodo Felice scomunicò Pietro Fullo, che anche Acacio condannò in un sinodo di Costantinopoli. Nel 484 Felice scomunicò anche Pietro Mongo, un atto che portò ad uno scisma fra Oriente ed Occidente e che non si ricompose per i successivi 35 anni. Pietro Mongo, tuttavia, s’ingraziò l’imperatore ed Acacio sottoscrivendo l’Henotikon e, con sommo dispiacere di molti vescovi, fu riammesso in piena comunione da Acacio.

Felice, dopo aver convocato un nuovo sinodo, spedì dei legati all’imperatore e al patriarca Acacio. Inoltre ingiunse che Pietro Mongo doveva essere espulso da Alessandria e che Acacio doveva presentarsi a Roma per spiegare la propria condotta. I legati furono però arrestati, imprigionati. Poi, sotto la pressione di minacce e promesse, entrarono in comunione con gli eretici inserendo il nome di Pietro Mongo nella lettura dei sacri dittici. Simeone, uno dei monaci Acemeti, rese noto il loro tradimento. Felice convocò, quindi, un sinodo di 77 vescovi nella Basilica Laterana, che scomunicò Acacio ed i legati pontifici.

Sostenuto dall’imperatore, Acacio ignorò la scomunica, rimosse il nome del papa dai sacri dittici e rimase nella sua sede fino alla morte, nel 489. Il suo successore Fravita, inviò dei messaggeri a Felice con l’assicurazione che non sarebbe stato in comunione con Pietro Mongo. Ma, avendo il papa compreso che questa era una falsità, lo scisma continuò. Pietro, essendo nel frattempo morto Etimo, il successore di Fravita, cercò di rientrare in comunione con Roma ma il papa rifiutò. Questo perché il nuovo vescovo non toglieva i nomi dei suoi due predecessori dai sacri dittici. Lo scisma, noto come scisma acaciano, terminò solo nel 518, durante il regno di Giustiniano I.

Felice III (Fonte: Wikipedia)

L’eresia ariana

In Africa, i Vandali Genserico e suo figlio Unerico perseguitarono la Chiesa per più di 50 anni ed costrinsero molti cattolici all’esilio. Quando si ristabilì la pace, molti di quelli che per paura erano caduti nell’eresia e ribattezzati ariani, desiderarono ritornare alla Chiesa. Poiché coloro che erano rimasti fedeli li respingevano, si appellarono a Felice, che convocò un sinodo lateranense nel 487. Inoltre spedì una lettera ai vescovi d’Africa in cui esponeva le condizioni alle quali costoro avrebbero potuto essere riammessi in seno alla Chiesa.

Felice morì nel 492, dopo 8 anni, 11 mesi e 23 giorni di regno. Lo seppellirono nella tomba di famiglia della basilica di San Paolo fuori le mura.

Felice de Anici, che in vita non ebbe numerale, avrebbe dovuto portare il nome pontificale Felice II, in quanto Felice II, ariano, fu in realtà un antipapa contro il papa legittimo Liberio. Tuttavia, dato che l’antipapa Felice II fu confuso con un omonimo martire, che la Chiesa cattolica venera come santo, per molti secoli fu considerato legittimo e, quindi, inserito nella numerazione.

Culto

La memoria liturgica di san Felice III ricorre il 1º marzo.

Dal Martirologio Romano (ed. 2004):

«1º marzo – A Roma presso San Paolo sulla via Ostiense, san Felice III, papa, che fu antenato del papa san Gregorio Magno.»

 

 

 

 

 

Fonte: Wikipedia