Commento al Vangelo, 29 settembre 2024 – Mc 9,38-43.45.47-48
Non glielo impedite… mi pare essere la frase chiave che ci aiuta ad interpretare il Vangelo odierno. Gli fa eco il versetto riportato nella prima lettura dal libro dei Numeri quando Giosuè voleva che Mosè impedisse a Eldad e Medad di profetizzare che non erano con gli altri presso la tenda: Ma Mosè gli disse: “Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!” (Nm 11,29). È il messaggio della salvezza universale: a tutti viene data la possibilità di venire incontro al Signore, seppure in forme diverse e a volte non convenzionali. È l’invito ad avere uno sguardo il più largo possibile, dato che la misericordia del Signore non ha confini e supera i nostri schemi, e a non essere gelosi del dono di Dio.
Penso sia questo il messaggio che più scandalizza noi discepoli del Signore. Ci costa allargare la nostra visione secondo la bontà di Dio. La tentazione infatti è quella di diventare controllori della grazia, rinchiuderla in schemi precostituiti ed elargirla secondo nostri criteri di appartenenza e di merito. Ma Dio fa diversamente: per Lui non ci sono confini.
E se non ci sono confini, allora ognuno diventa fratello dove vive la presenza di Dio, causa di benedizione. Ne consegue che non è lecito scandalizzare nessuno.
Chi non è contro di noi è per noi. È una sentenza che indica in realtà un comune denominatore che esiste tra gli uomini: una fratellanza universale che va oltre il credo o altre differenze. È la scoperta di una stessa origine e di un uguale destino.
Infatti Gesù non appartiene a noi, ma siamo noi che apparteniamo a lui. È facile cadere nel tranello che Gesù sia proprietà solo di chi crede, solo di noi cristiani o magari di una chiesa più che di un’altra o di particolari gruppi che si ritengono più perfetti e quindi eletti. È la tentazione tipica dei farisei.
Ecco quindi l’invito a guardare il mondo e le persone con occhi che superano le differenze e cercano ciò che abbiamo in comune.
Questo denominatore comune consiste in un amore reciproco, in un amore che serve, nel dare un bicchiere d’acqua perché ci si scopre fratelli. La fratellanza esige e si esprime in un’accoglienza reciproca segnata da ammirazione e rispetto per l’altro visto come un dono, come colui che completa il mio essere e mi aiuta ad essere un autentico discepolo di Gesù.
In questa ottica allora prende corpo l’invito a non scandalizzare, a non spegnere la fiducia nel Dio che ama tutti, a non far deviare dalla retta via della fratellanza, a non chiudere Dio in un circolo elitario, a non costruire muri che impediscono di credere nell’amore che Dio ha per tutti noi, buoni e cattivi, un amore che non fa preferenze. Scandalizzare in questa ottica consiste quindi nell’allontanarsi e far allontanare gli altri dalla visione universale di Gesù. Scandalizzare non è riducibile solo ad una questione morale, anche se ha una sua verità, ma va molto più in profondo: è un modo di percepire il mondo e di vedere gli altri non come perduti, ma come amati da Dio. È non essere gelosi del dono di Dio, ma gioire che Dio generosamente benedice tutti.
La vera adorazione di Dio sta nella fratellanza dove il nostro fratello è chiamato a diventare nostro amico.