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Commento al Vangelo, 21 luglio 2024 – Mc 6,30-34

Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’».
Gesù invita gli apostoli a riposarsi e quindi ad allontanarsi dalla folla. La gente, però, intuisce la loro destinazione e li precede. Gesù, sceso dalla barca vede questa moltitudine e viene preso dalla compassione perché erano pecore senza pastore. E si ferma per insegnare loro molte cose.
È l’incontro tra la debolezza umana e la compassione divina, espressione plastica del Vangelo, della missione di Gesù e della Sua identità più profonda: l’essere Colui che sta con la nostra povertà.
Il vero riposo è dato non dalla fuga dalle nostre povertà, ma nell’assumerle con la compassione e la misericordia in un clima di condivisione e di amicizia. Ne consegue che questo riposo diventa l’immagine della Chiesa, della comunità dei discepoli che trova la sua identità nella comunione dove convivono povertà e misericordia in un’accoglienza reciproca, come direbbe papa Francesco, di una Chiesa intesa come ospedale da campo.
La folla cerca il pastore ed è disposta a cercarlo finché non lo trova. Questa è l’identità più propria di ognuno di noi: siamo bisognosi e in continua ricerca di qualcuno che ci accolga.
Abbiamo paura di essere giudicati e questo, involontariamente ci isola. Cerchiamo comprensione. E questa ricerca è espressione del desiderio di Dio che portiamo dentro, di un Dio buono e misericordioso. Non bisogna avere paura del nostro bisogno, ma dobbiamo seguirlo perché di sicuro ci porta fino a Dio. La nostra povertà non è da intendere solo in chiave negativa, ma è la migliore condizione per cercare e trovare il volto di Dio che ama.
Siamo invitati ad accogliere ed amare la nostra povertà, a trattarci come figli amati e non solo come peccatori. San Francesco di Sales direbbe che bisogna amare la propria abiezione.
Dove c’è povertà, da parte di Dio non vi è giudizio o condanna, ma compassione. Gesù si lascia commuovere dalla povertà che vede. È lo sguardo di Dio che ci guarda, non per scovare il nostro peccato, ma per trovare la nostra nudità per ricoprirla con il suo manto. Dio non ci lascia nudi, ma prepara per noi una veste di misericordia come fece con Adamo ed Eva che vestì con due tuniche. La grande tentazione è nascondere a Gesù le nostre miserie per paura del giudizio.
Mostriamo, invece, le nostre povertà con sincerità e fiducia, allora incontreremo compassione.
Questo benevolo atteggiamento divino ci libera dalla paura e ci incoraggia ad aprire il nostro cuore, qualunque sia il peso che portiamo dentro: Dio ci vede sempre con misericordia.
Vinciamo la paura di Dio mostrandogli le nostre ferite senza ipocrisia.
Il frutto sarà la nascita di una comunità fatta di povertà unita dalla compassione, fatta di poveri redenti, di deboli resi forti dall’accoglienza reciproca. È la Chiesa secondo il pensiero di Gesù: una comunità di poveri amati, che celebrano insieme la presenza della compassione di Dio.
Questo è il vero riposo di cui abbiamo bisogno.