Commento al Vangelo, 19 settembre 2021 – Mc 9,30-37
Ciò che colpisce in questo brano evangelico è la sproporzione del discorso fatto da Gesù e la discussione dei discepoli. Gesù parla della sua prossima dipartita e della sua resurrezione, i discepoli invece parlano di chi sia il più grande.
Erano ciechi e sordi al pensiero di Dio. Avevano davanti a loro Gesù come modello, un Gesù disposto ad essere consegnato nelle mani degli uomini che lo avrebbero ucciso perché si fidava di Dio che l’avrebbe risuscitato, eppure non capivano ed erano accecati da una valutazione puramente mondana. Per loro la grandezza era questione di posti, per Gesù invece era una questione di fiducia.
Ecco che Gesù prende un bambino e spiega in che cosa consiste la vera grandezza e li porta in un ambito di fede, oltre la logica umana. Per Gesù è grande colui che si fida come un bambino.
Ma perché Gesù usa un bambino come esempio di grandezza?
Per gli ebrei un bambino dipende dai genitori fino al momento in cui, all’età di 13 anni, raggiunge l’età della maturità e diventa responsabile davanti alla legge. Fino ad allora è considerato irresponsabile e senza peccato.
Usando questo esempio Gesù indica che la vera grandezza di un discepolo consiste nel saper dipendere da Dio, nell’avere fiducia anche quando le vicende della vita non sono favorevoli.
La grandezza dipende non da ciò che uno fa, ma in chi ha fiducia, una fiducia piena di misericordia per cui qualsiasi cosa facciamo non cambia lo sguardo di Dio su di noi: davanti a lui rimaniamo innocenti. Siamo innocenti non perché senza peccato, ma perché Dio è fedele al suo amore per noi.
Così anche noi siamo invitati ad accogliere Gesù con le modalità di un bambino, cioè avere fiducia nel suo amore che salva.
Concretamente questo implica non angustiarsi per le vicende della vita perché mai saremo abbandonati e se il nostro cuore ci rimprovera qualcosa, Dio è più grande del nostro cuore. (cfr. 1Gv 3,19-20).
È questo atteggiamento di filiale e serena fiducia che ci permette di servire gratuitamente senza pretesa di una ricompensa. Infatti si serve nella gioia, nella misura che non si hanno pretese.
Ecco allora la vera grandezza: servire nella gioia perché non si hanno pretese e non si hanno pretese perché ci si fida della bontà di Dio.











