Il Santo del Giorno

Santo del Giorno, 7 dicembre – Sant’Ambrogio

Aurelio Ambrogio, meglio conosciuto come sant’Ambrogio è stato un funzionario, vescovo, teologo e santo romano, una delle personalità più importanti nella Chiesa del IV secolo. Tutte le Chiese cristiane che prevedono il culto dei santi lo venerano come santo. In particolare, la Chiesa cattolica lo annovera tra i quattro massimi dottori della Chiesa d’Occidente, insieme a san Girolamo, sant’Agostino e san Gregorio I papa.

Conosciuto anche come Ambrogio di Treviri, per il luogo di nascita, o più comunemente come Ambrogio di Milano, la città di cui assieme a san Carlo Borromeo e san Galdino è patrono. Ambrogio fu vescovo di Milano dal 374 fino alla morte. Qui si trova la basilica a lui dedicata che ne conserva le spoglie.

Biografia

Gioventù

Aurelio Ambrogio nacque ad Augusta Treverorum (l’odierna Treviri, nella Renania-Palatinato, in Germania), nella Gallia Belgica. In questa città il padre esercitava la carica di prefetto del pretorio delle Gallie intorno al 339 circa da un’illustre famiglia romana di rango senatoriale, la gens Aurelia, cui la famiglia materna apparteneva inoltre al ramo dei Simmaci. Era dunque un cugino dell’oratore Quinto Aurelio Simmaco.

La famiglia di Ambrogio risultava convertita al cristianesimo già da alcune generazioni. Egli stesso soleva citare con orgoglio la sua parente Santa Sotere, martire cristiana che «ai consolati e alle prefetture dei parenti preferì la fede». Una sua sorella ed un suo fratello, Marcellina e Satiro di Milano, furono poi venerati come santi.

Destinato alla carriera amministrativa sulle orme del padre, dopo la sua prematura morte frequentò le migliori scuole di Roma. Qui compì i tradizionali studi del trivium e del quadrivium (imparò il greco e studiò diritto, letteratura e retorica), partecipando poi attivamente alla vita pubblica dell’Urbe.

Ambrogio con le insegne episcopali (Fonte: Wikipedia)

Incarichi pubblici e nomina a vescovo di Milano

Dopo cinque anni di avvocatura a Sirmio, nel 370 ricevette l’incarico di governatore dell’Italia Annonaria per la provincia romana Aemilia et Liguria. La sede era a Milano, dove divenne una figura di rilievo nella corte dell’imperatore Valentiniano I. La sua abilità di funzionario nel dirimere pacificamente i forti contrasti tra ariani e cattolici gli valse un largo apprezzamento delle due fazioni.

Nel 374, alla morte del vescovo ariano Aussenzio di Milano, il delicato equilibrio tra le due fazioni sembrò precipitare. Il biografo Paolino racconta che Ambrogio, preoccupato di sedare il popolo in rivolta per la designazione del nuovo vescovo, si recò in chiesa. All’improvviso si sarebbe sentita la voce di un bambino urlare «Ambrogio vescovo!», a cui si unì quella unanime della folla radunata nella chiesa. I milanesi volevano un cattolico come nuovo vescovo. Ambrogio però rifiutò decisamente l’incarico, sentendosi impreparato. Come era in uso presso alcune famiglie cristiane all’epoca, egli non aveva ancora ricevuto il battesimo, né aveva affrontato studi di teologia.

Paolino racconta che, al fine di dissuadere il popolo di Milano dal farlo nominare vescovo, Ambrogio provò anche a macchiare la buona fama che lo circondava. Ordinò la tortura di alcuni imputati e invitò in casa sua alcune prostitute. Ma, dal momento che il popolo non recedeva nella sua scelta, egli tentò addirittura la fuga. Quando lo ritrovarono, il popolo decise di risolvere la questione appellandosi all’autorità dell’imperatore Flavio Valentiniano, cui Ambrogio era alle dipendenze. Fu allora che accettò l’incarico, considerando che fosse questa la volontà di Dio nei suoi confronti. Nel giro di sette giorni ricevette il battesimo e, il 7 dicembre 374, fu ordinato vescovo. Riferendosi alla sua elezione, egli scriverà poco prima della morte:

«Quale resistenza opposi per non essere ordinato! Alla fine, poiché ero costretto, chiesi almeno che l’ordinazione fosse ritardata. Ma non valse sollevare eccezioni, prevalse la violenza fattami.»

Dopo la nomina a vescovo, Ambrogio prese molto sul serio il suo incarico e si dedicò ad approfonditi studi biblici e teologici.

Episcopato

Gli impegni pastorali

Quando divenne vescovo, adottò uno stile di vita ascetico, elargì i suoi beni ai poveri, donando i suoi possedimenti terrieri (eccetto il necessario per la sorella Marcellina).

Uomo di grande carità, tenne la sua porta sempre aperta, prodigandosi senza tregua per il bene dei cittadini affidati alle sue cure. Ad esempio, Sant’Ambrogio non esitò a spezzare i Vasi Sacri e ad usare il ricavo dalla vendita per il riscatto di prigionieri. Di fronte alle critiche mosse dagli ariani per il suo gesto, egli rispose che «è molto meglio per il Signore salvare delle anime che dell’oro. Egli infatti mandò gli apostoli senza oro e senza oro fondò le Chiese. […] I sacramenti non richiedono oro, né acquisisce valore per via dell’oro ciò che non si compra con l’oro» (De officiis, II, 28, 136-138)

La sua sapienza nella predicazione e il suo prestigio furono determinanti per la conversione nel 386 al cristianesimo di Sant’Agostino, di fede manichea, venuto a Milano per insegnare retorica.

Ambrogio fece costruire varie basiliche, di cui quattro ai lati della città, quasi a formare un quadrato protettivo. Probabilmente pensava alla forma di una croce. Esse corrispondono alle attuali basiliche di San Nazaro (sul decumano, presso la Porta Romana, allora era la Basilica Apostolorum), di San Simpliciano, detta basilica virginum, ossia basilica delle vergini (sulla parte opposta), di Sant’Ambrogio (collocata a sud-ovest, era chiamata originariamente Basilica Martyrum in quanto ospitava i corpi dei santi martiri Gervasio e Protasio rinvenuti da Ambrogio stesso; accoglie oggi le spoglie del santo) e di San Dionigi.

È Ambrogio stesso a narrare il ritrovamento dei corpi dei santi martiri Gervasio e Protasio. Egli ne attribuisce il merito ad un presagio, per il quale fece scavare la terra davanti ai cancelli della basilica (oggi distrutta) dei santi Nabore e Felice. Al ritrovamento dei corpi seguì la loro traslazione (secondo un rito importato dalla Chiesa orientale) nella Basilica Martyrum. Durante la traslazione, si racconta (è lo stesso Ambrogio a riportarlo) che un cieco di nome Severo riacquistò la vista. Il ritrovamento del corpo dei martiri grazie al vescovo di Milano diede grande contributo alla causa dei cattolici nei confronti degli ariani. Questi costituivano a Milano un gruppo nutrito e attivo, e negavano la validità dell’operato di Ambrogio, di fede cattolica.

Ambrogio fu autore di diversi inni per la preghiera, compiendo fondamentali riforme nel culto e nel canto sacro, che per primo introdusse nella liturgia cristiana. Ancor oggi a Milano vi è una scuola che tramanda nei millenni questo antico canto.

Politica ecclesiastica

L’importanza della sede occupata da Ambrogio e la sua personale attitudine di uomo politico lo portarono a svolgere una forte attività di politica ecclesiastica. Egli scrisse infatti opere di morale e teologia in cui combatté a fondo gli errori dottrinali del suo tempo. Fu inoltre sostenitore del primato d’onore del vescovo di Roma, contro altri vescovi (tra i quali Palladio) che lo ritenevano pari a loro.

Si mostrò in prima linea nella lotta all’arianesimo, che aveva trovato numerosi seguaci a Milano e nella corte imperiale. Si scontrò per questo motivo con l’imperatrice Giustina, di fede ariana e probabilmente influì sulla politica religiosa dell’imperatore Graziano. Quest’ultimo, nel 380, inasprì le sanzioni per gli eretici e, con l’editto di Tessalonica, dichiarò il cristianesimo religione di Stato. Il momento di massima tensione si ebbe nel 385-386 quando, dopo la morte di Graziano, gli ariani chiesero insistentemente con l’appoggio della corte imperiale una basilica per praticare il loro culto.

L’opposizione di Ambrogio fu energica tanto che rimase famoso l’episodio in cui, assieme ai fedeli cattolici, “occupò” la basilica destinata agli ariani finché l’altra parte fu costretta a cedere. In questa occasione, si racconta, Ambrogio introdusse l’usanza del canto antifonale e della preghiera cantata in forma di inno. Lo scopo era di non fare addormentare i fedeli che occupavano la basilica. Fu inoltre determinante per la vittoria di Ambrogio nella controversia con gli ariani il ritrovamento dei corpi dei santi Gervasio e Protaso. Avvenne proprio nel 386 sotto la guida del vescovo di Milano, il quale guadagnò in questo modo il consenso di gran parte dei fedeli della città.

Fu infine forte avversario del paganesimo “ufficiale” romano, che dimostrava in quegli anni gli ultimi segni di vitalità. Per questo motivo si scontrò con il suo stesso cugino, il senatore Quinto Aurelio Simmaco, che chiedeva il ripristino dell’altare e della statua della dea Vittoria rimossi dalla Curia romana, sede del Senato, in seguito a un editto di Graziano nel 382.

Rapporti con la corte imperiale

Il potere politico e quello religioso al tempo erano strettamente legati. In particolare l’imperatore, a cominciare da Costantino, possedeva una certa autorità all’interno della Chiesa, nella quale il primato petrino non era pienamente assodato e riconosciuto. A questo si aggiunsero la posizione di Ambrogio, vescovo della città di residenza della corte imperiale. E, inoltre, la sua precedente carriera come avvocato, amministratore e politico, lo portò più volte a intervenire incisivamente nelle vicende politiche, ad avere stretti rapporti con gli ambienti della corte e dell’aristocrazia romana, e talvolta a ricoprire specifici incarichi diplomatici per conto degli imperatori.

In particolare, nonostante il convinto lealismo verso l’impero Romano e l’influenza nella vita politica dell’impero, i suoi rapporti con le istituzioni non furono sempre pacifici. Fu così soprattutto quando si trattò di difendere la causa della Chiesa e dell’ortodossia religiosa. Gli storici bizantini gli accreditarono questo atteggiamento come parrhesia (παρρησία), schiettezza e verità di fronte ai potenti e al potere politico, che traspare a partire dal suo rapporto epistolare con l’imperatore Teodosio.

Essendo Ambrogio precettore dell’imperatore Graziano, lo educò secondo i principi del Cristianesimo. Egli predicava all’imperatore di rendere grazie a Dio per le vittorie dell’esercito. E lo appoggiò anche nella disputa contro il senatore Simmaco, che chiedeva il ripristino dell’altare alla dea Vittoria fatto rimuovere dalla Curia romana

Chiese poi a Graziano di indire il concilio di Aquileia nel settembre del 381 per condannare due vescovi eretici, secondo i dettami dei vari concili ecumenici ed anche secondo l’opinione del Papa e dei vescovi ortodossi. In questo concilio Ambrogio si pronunciò contro l’arianesimo.

Ambrogio influì anche sulla politica religiosa di Teodosio I. Nel 388, dopo che un gruppo di cristiani aveva incendiato la sinagoga della città di Callinico, l’imperatore decise di punire i responsabili. In più obbligò il vescovo, accusato di aver istigato i distruttori, a ricostruire il tempio a suo spese. Ambrogio, informato della vicenda, si scagliò contro questo provvedimento, minacciando di sospendere l’attività religiosa. L’imperatore revocò le misure.

Nel 390 criticò aspramente l’imperatore, che aveva ordinato un massacro tra la popolazione di Tessalonica, rea di aver linciato il capo del presidio romano della città. In tre ore di carneficina erano state assassinate migliaia di persone, attirate nell’arena con il pretesto di una corsa di cavalli. Ambrogio, venuto a conoscenza dell’accaduto, evitò diplomaticamente una contrapposizione aperta con il potere imperiale. Usò il pretesto di una malattia per evitare l’incontro pubblico con Teodosio. Ma, per via epistolare, chiese in modo riservato e deciso una «penitenza pubblica» all’imperatore, che si era macchiato di un grave delitto pur dichiarandosi cristiano. In caso contrario c’era il rifiuto di celebrare i sacri riti in sua presenza. («Non oso offrire il sacrificio, se tu vorrai assistervi», Lettera 11). Teodosio ammise pubblicamente l’eccesso e nella notte Natale di quell’anno, fu riammesso ai sacramenti.

Dopo questo episodio la politica religiosa dell’imperatore si irrigidì notevolmente. Tra il 391 e il 392 ci fu l’emanazione di una serie di decreti (noti come decreti teodosiani) che attuavano in pieno l’editto di Tessalonica. Fu interdetto l’accesso ai templi pagani e ribadita la proibizione di qualsiasi forma di culto, compresa l’adorazione delle statue. Furono inoltre inasprite le pene amministrative per i cristiani che si riconvertissero nuovamente al paganesimo. Nel decreto emanato nel 392 da Costantinopoli, l’immolazione di vittime nei sacrifici e la consultazione delle viscere erano equiparati al delitto di lesa maestà, punibile con la condanna a morte.

Nel 393 Milano fu coinvolta nella lotta per il potere tra l’imperatore Teodosio I e l’usurpatore Flavio Eugenio. In aprile Eugenio varcò le Alpi e puntò alla conquista della città, in quanto capitale d’Occidente. Ambrogio partì e andò ritirarsi a Bologna. Durante un soggiorno temporaneo a Faenza scrisse una lettera ad Eugenio. Poi accettò l’invito della comunità di Firenze, ove rimase per circa un anno. La guerra per il controllo dell’impero fu vinta da Teodosio. Nell’autunno del 394 Ambrogio fece ritorno a Milano.

Alla sua morte, per sua stessa volontà, la sepoltura avvenne all’interno della basilica che tuttora porta il suo nome, fra le spoglie dei martiri Gervasio e Protasio. Le sue spoglie, rinvenute sotto l’altare nel 1864, furono trasferite in un’urna di argento e cristallo posta nella cripta della basilica.

Aurelio Ambrogio
vescovo della Chiesa cattolica (Fonte: Wikipedia)

Pensiero e opere

Fortemente legata all’attività pastorale di Ambrogio fu la sua produzione letteraria. Essa fu spesso semplice frutto di una raccolta e di una rielaborazione delle sue omelie. Quindi mantengono un tono simile al parlato.

Per lo stile dolce e misurato del suo parlato e della sua prosa, Ambrogio fu definito «dolce come il miele» e tra i suoi attributi compare perciò un alveare.

Leggende su Sant’Ambrogio

Su Sant’Ambrogio vi sono numerose leggende miracolistiche:

  • Mentre Ambrogio infante dormiva nella sua culla posta temporaneamente nell’atrio del Pretorio, uno sciame di api si posò improvvisamente sulla sua bocca, dalla quale e nella quale esse entravano ed uscivano liberamente. Dopodiché lo sciame si levò in volo salendo in alto e perdendosi alla vista degli astanti. Il padre, impressionato da tutto ciò, avrebbe esclamato: «Se questo mio figlio vivrà, diverrà sicuramente un grand’uomo!».
  • Ambrogio, camminando per Milano, avrebbe trovato un fabbro che non riusciva a piegare il morso di un cavallo. In quel morso Ambrogio riconobbe uno dei chiodi con cui venne crocifisso Cristo. Dopo vari passaggi, un “chiodo della crocifissione” è tuttora appeso nel Duomo di Milano, a grande altezza, sopra l’altare maggiore.
  • Nella piazza davanti alla basilica di Sant’Ambrogio a Milano è presente una colonna, comunemente detta “la colonna del diavolo”. Si tratta di una colonna di epoca romana qui trasportata da altro luogo. Essa presenta due fori, oggetto di una leggenda secondo la quale la colonna fu testimone di una lotta tra Sant’Ambrogio ed il demonio. Il maligno, cercando di trafiggere il santo con le corna, finì invece per conficcarle nella colonna. Dopo aver tentato a lungo di divincolarsi, il demonio riuscì a liberarsi e, spaventato, fuggì. La tradizione popolare vuole che i fori odorino di zolfo e che appoggiando l’orecchio alla pietra si possano sentire i suoni dell’inferno.
  • A Parabiago, Ambrogio sarebbe apparso il 21 febbraio 1339, durante la celebre battaglia. A dorso di un cavallo e sguainando una spada, mise paura alla Compagnia di San Giorgio capitanata da Lodrisio Visconti. Permise così alle truppe milanesi del fratello Luchino e del nipote Azzone di vincere. A ricordo di tale leggenda fu edificata a Parabiago la Chiesa di Sant’Ambrogio della Vittoria e a Milano, su un portone bronzeo del Duomo, gli è stata dedicata una formella.

 

 

 

Fonte: Wikipedia