Santo del Giorno, 28 agosto – Sant’Agostino d’Ippona
Aurelio Agostino d’Ippona è stato un filosofo, vescovo e teologo romano di espressione latina e di origine berbera o, secondo taluni, punica.
Conosciuto come sant’Agostino, è Padre, dottore e santo della Chiesa cattolica, detto anche Doctor Gratiae (“Dottore della Grazia”). È stato definito «il massimo pensatore cristiano del primo millennio e certamente anche uno dei più grandi geni dell’umanità in assoluto». Se le Confessioni sono la sua opera più celebre, si segnala per importanza, nella vastissima produzione agostiniana, La città di Dio.
Biografia
La vita di Agostino è stata tramandata con grande dettaglio nelle Confessioni, sua biografia personale, nelle Ritrattazioni, che descrivono l’evoluzione del suo pensiero, e nella Vita di Agostino, scritta dal suo amico e discepolo Possidio, che narra l’apostolato del santo.
Agostino, di etnia berbera, o punica come egli stesso ci tramanda, ma di cultura fondamentalmente ellenistico-romana, nacque il 13 novembre del 354 d.C. a Tagaste.
Apparteneva a una famiglia del ceto medio, ma non facoltosa: il padre, Patrizio, piccolo possidente terriero e membro dei curiales (consiglieri municipali) della città, era un pagano; di animo benevolo, anche se collerico, impetuoso e a volte infedele alla moglie Monica, madre di Agostino, proprio per influenza di quest’ultima alla lunga giungerà alla conversione, morendo cristiano verso il 371 d.C.
All’età di diciassette anni giunse a Cartagine, verso la fine del 370. In questa città, appassionandosi di filosofia, iniziò a studiare la maggior parte dei testi principali della cultura ellenistico-latina. Dotato di un forte senso critico e animato da un desiderio bramoso di verità, passò gli anni della sua gioventù nella ricerca insaziabile del senso della vita.
Approdo al Manicheismo
Nel 373 la sua ansia per la ricerca dell’assoluto lo fece approdare al Manicheismo. Una volta unitosi a questo gruppo, Agostino gli si dedicò con tutto l’ardore del suo carattere; ne lesse tutti i libri, adottò e difese tutte le sue idee. Agostino stesso narra che fu attratto dalle promesse di una filosofia libera dai vincoli della fede, dalle vanterie dei manichei che affermavano di aver scoperto delle contraddizioni nelle Sacre Scritture e, soprattutto, dalla speranza di trovare nella loro dottrina una spiegazione scientifica della natura e dei suoi fenomeni più misteriosi.
Monica era profondamente dispiaciuta per l’eresia di Agostino e non l’avrebbe neanche ricevuto in casa o fatto sedere alla sua tavola, se non fosse stata consigliata da un vescovo che dichiarò che “il figlio di così tante lacrime e preghiere non poteva perire”. Poco tempo dopo Agostino tornò a Cartagine, dove continuò ad insegnare retorica. I suoi talenti gli furono anche di maggiore vantaggio su questo palcoscenico più grande e, attraverso un’infaticabile ricerca delle arti liberali il suo intelletto raggiunse la piena maturità. Qui vinse un torneo di poesia ed il proconsole Vindiciano gli conferì pubblicamente la corona agonistica.
Incontro con Ambrogio
Nel 383 Agostino, all’età di 29 anni, cedette all’irresistibile attrazione che l’Italia aveva per lui; a causa della riluttanza della madre a separarsi da lui, dovette ricorrere a un sotterfugio e imbarcarsi con la copertura della notte. Non appena giunto a Roma, dove continuò a frequentare la comunità manichea, si ammalò gravemente. Quando guarì aprì una scuola di retorica ma, disgustato dai trucchi dei suoi alunni, che lo defraudavano spudoratamente delle loro tasse d’istruzione, fece domanda per un posto vacante come professore a Milano. Il praefectus urbi Quinto Aurelio Simmaco l’aiutò a ottenere il posto con l’intento di contrastare la fama del vescovo Ambrogio. Dopo aver fatto visita al vescovo, però, si sentì attratto dai suoi discorsi e iniziò a seguire regolarmente le sue predicazioni.
Dalla conversione all’episcopato
Agostino, gradualmente, conobbe la dottrina cristiana e, nella sua mente, iniziarono a fondersi la filosofia platonica e i dogmi rivelati.
Verso l’inizio della quaresima del 387, Agostino si recò a Milano dove, con Adeodato e Alipio, prese posto fra i competentes per essere battezzato da Ambrogio nella Veglia pasquale. Fu a questo punto che Agostino, Alipio, ed Evodio decisero di ritirarsi nella solitudine dell’Africa. Agostino rimase a Milano fino all’estate, continuando i suoi lavori (De immortalitate animae e De Musica). Poi, mentre era in procinto di imbarcarsi ad Ostia, Monica morì. Agostino, allora, rimase per molti mesi a Roma occupandosi principalmente della confutazione del Manicheismo. Tornò in Africa solo dopo la morte dell’usurpatore Magno Massimo (agosto 388) e, dopo un breve soggiorno a Cartagine, ritornò a Tagaste.
Subito dopo il suo arrivo, decise di iniziare a seguire il suo ideale di vita perfetta, dedicata a quel Dio che era giunto ad amare in età adulta.
Agostino non pensava di diventare sacerdote e, per paura dell’episcopato, scappava anche dalle città nelle quali era necessaria un’elezione. Un giorno, essendo stato chiamato a Ippona da un amico, stava pregando in una chiesa quando un gruppo di persone improvvisamente lo circondò. Costoro lo consolarono e implorarono Valerio, il vescovo, di elevarlo al sacerdozio; nonostante i suoi timori, Agostino fu ordinato nel 391. Il novello sacerdote considerò la sua ordinazione come una ragione in più per riprendere la vita religiosa a Tagaste e Valerio approvò così entusiasticamente che gli mise a disposizione delle proprietà della chiesa, autorizzandolo a fondare un monastero.
Il suo ministero sacerdotale durato cinque anni fu molto fruttifero: Valerio l’autorizzò a predicare nonostante l’uso africano che riservava quel ministero ai soli vescovi; combatté l’eresia, specialmente quella manichea e il suo successo fu notevole.
Vescovo di Ippona
Indebolito dall’età ormai avanzata, Valerio, vescovo di Ippona, ottenne da Aurelio, Primate d’Africa, che Agostino fosse associato alla sua sede in qualità di vescovo coadiutore. Pertanto Agostino si dovette rassegnare alla consacrazione dalle mani di Megalio, Primate di Numidia. Aveva quarantadue anni, e avrebbe occupato la sede di Ippona per i successivi 34. Il nuovo vescovo comprese bene come combinare l’esercizio dei suoi doveri pastorali con l’austerità della vita religiosa e, sebbene avesse lasciato il suo monastero, la sua residenza episcopale divenne un monastero dove visse una vita di comunità con il suo clero, che osservava una religiosa povertà.
Le sue attività dottrinali, l’influenza delle quali era destinata a durare molto a lungo, furono molteplici. Predicava frequentemente, a volte per cinque giorni consecutivi. Scrisse lettere che trasmisero a tutto il mondo conosciuto la sua soluzione per i problemi dell’epoca. Lasciò la sua impronta su tutti i concili africani ai quali partecipò, per esempio quelli di Cartagine del 398, 401, 407, 419 e di Milevi del 416 e 418. Infine, lottò infaticabilmente contro tutte le eresie.
Controversia ariana e ultimi anni
Nel 426, all’età di 72 anni, desiderando risparmiare alla sua città il tumulto di un’elezione episcopale dopo la sua morte, Agostino spinse sia il clero sia il popolo ad acclamare come suo ausiliare e successore il diacono Eraclio.
In quegli anni l’Africa fu sconvolta dalla rivolta del comes Bonifacio (427). I Visigoti inviati dall’imperatrice Galla Placidia per contrastare Bonifacio e i Vandali che questi aveva chiamato in suo aiuto erano tutti Ariani e, al seguito delle truppe imperiali, entrò ad Ippona Massimino, un vescovo ariano. Agostino difese la propria fede in una conferenza pubblica (428) e con vari scritti.
Essendo profondamente addolorato per la devastazione dell’Africa, lavorò per una riconciliazione tra il comes Bonifacio e l’imperatrice. La pace fu ristabilita, ma non con Genserico, il re vandalo. Bonifacio, cacciato da Cartagine, cercò rifugio a Ippona, dove molti vescovi si erano già rifugiati per cercare protezione in questa città ben fortificata, ma i Vandali l’assediarono per ben diciotto mesi. Cercando di controllare la sua angoscia, Agostino continuò a confutare Giuliano di Eclano, ma, all’inizio dell’assedio, fu colpito da una malattia fatale e, dopo tre mesi, il 28 agosto 430, morì all’età di 75 anni.
Nel 718 il suo feretro, venerato per secoli a Cagliari dove era stato portato da esuli fuggiti all’invasione vandala del Nordafrica, fu fatto trasportare dalla Sardegna a Pavia, a opera del re longobardo Liutprando.
Da allora le sue spoglie sono custodite nella basilica di San Pietro in Ciel d’Oro.
Le opere
Agostino fu un autore molto prolifico, notevole per la varietà dei soggetti che produsse, come scritti autobiografici, filosofici, apologetici, dogmatici, polemici, morali, esegetici, raccolte di lettere, di sermoni e di opere in poesia (scritte in metrica non classica, bensì accentuativa, per facilitare la memorizzazione da parte delle persone incolte). Bardenhewer ne lodava la straordinaria varietà di espressione ed il dono di descrivere gli avvenimenti interiori, di dipingere i vari stati dell’anima e gli avvenimenti del mondo spirituale. In generale, il suo stile è nobile e casto; ma, diceva lo stesso autore, “nei suoi sermoni e negli altri scritti destinati al popolo, intenzionalmente, il tono scendeva ad un livello popolare”.
Culto
Agostino è venerato come santo dalla Chiesa cristiana sin da tempi remoti, e tradizionalmente rappresentato con la mitra e il pastorale come suoi tipici paramenti vescovili. Altre immagini di lui, tra cui la più antica risalente al VI secolo, lo raffigurano invece seduto ad uno scrittoio con un libro aperto.
Nel 1298 fu annoverato fra i primi quattro dottori della Chiesa.
In occasione del XV centenario della morte papa Pio XI ne commemorò la figura nell’enciclica Ad Salutem Humani del 20 aprile 1930. In occasione del XVI anniversario della conversione, papa Giovanni Paolo II pubblicò la lettera apostolica Augustinum Hipponensem, del 28 agosto 1986.
Il 22 aprile 2007 papa Benedetto XVI si recò a Pavia, nella basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, a pregare presso la tomba del santo.
Fonte: Wikipedia