Santo del Giorno, 23 settembre – San Pio da Pietrelcina [2/2]
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La revoca delle restrizioni e le ulteriori indagini (1933-1968)
Nel luglio del 1933 Papa Pio XI revocò le restrizioni precedentemente imposte a Padre Pio. Secondo alcuni, il Sant’Uffizio non ritrattò i suoi decreti. Tuttavia, secondo altre fonti, Pio XI disse a monsignor Cornelio Sebastiano Cuccarollo O.F.M. che Padre Pio era stato “più che reintegrato”, aggiungendo che “è la prima volta che il Santo Uffizio si rimangia i suoi decreti”; il Santo Uffizio avrebbe parlato di “una grazia speciale per l’anno santo straordinario”.
A San Giovanni Rotondo accorreva gente comune, ma anche personaggi famosi. Nel 1938 arrivò Maria José del Belgio che volle farsi fotografare accanto a padre Pio. Giunsero i reali di Spagna, la regina del Portogallo in esilio, Maria Antonia di Borbone, Zita di Borbone-Parma, Giovanna di Savoia, Ludovico di Borbone-Parma, Eugenio di Savoia e tanti altri. Dopo la fine della seconda guerra mondiale il culto di Padre Pio come “santo vivente” iniziò a prosperare, complici le mutate condizioni socio-culturali del paese, il miglioramento della rete stradale e la progressiva trasformazione del frate in personaggio mediatico.
Nel 1950 il numero di persone che si volevano confessare presso il frate di Pietrelcina era talmente imponente che venne organizzato un sistema di prenotazioni. Il 9 gennaio 1940 iniziò la costruzione del grande ospedale Casa Sollievo della Sofferenza. Papa Giovanni XXIII ordinò ulteriori indagini su Padre Pio, inviando monsignor Carlo Maccari: nello spirito del Concilio Vaticano II si voleva intervenire con decisione verso forme di fede popolare considerate arcaiche.
All’inizio dell’estate 1960, Papa Giovanni fu informato da monsignor Pietro Parente, assessore del Sant’Uffizio, del contenuto di alcune bobine audio registrate a San Giovanni Rotondo. Da mesi Roncalli assumeva informazioni sulla cerchia delle donne intorno a Padre Pio, si era appuntato i nomi di tre fedelissime: Cleonice Morcaldi, Tina Bellone e Olga Ieci», più una misteriosa contessa. Il Papa annota il 25 giugno 1960, su quattro foglietti rimasti inediti fino al 2007 e rivelati da Sergio Luzzatto:
«Stamane da mgr Parente, informazioni gravissime circa P.P. e quanto lo concerne a S. Giovanni Rotondo. L’informatore aveva la faccia e il cuore distrutto.»
«Con la grazia del Signore io mi sento calmo e quasi indifferente come innanzi a una dolorosa e vastissima infatuazione religiosa il cui fenomeno preoccupante si avvia a una soluzione provvidenziale. Mi dispiace di P.P. che ha pur un’anima da salvare, e per cui prego intensamente»
«L’accaduto—cioè la scoperta per mezzo di filmine, si vera sunt quae referentur [se sono vere le cose riferite], dei suoi rapporti intimi e scorretti con le femmine che costituiscono la sua guardia pretoriana sin qui infrangibile intorno alla sua persona— fa pensare ad un vastissimo disastro di anime, diabolicamente preparato, a discredito della S. Chiesa nel mondo, e qui in Italia specialmente. Nella calma del mio spirito, io umilmente persisto a ritenere che il Signore faciat cum tentatione provandum, e dall’immenso inganno verrà un insegnamento a chiarezza e a salute di molti.»
«Motivo di tranquillità spirituale per me, e grazia e privilegio inestimabile è il sentirmi personalmente puro da questa contaminazione che da ben 40 anni circa ha intaccato centinaia di migliaia di anime istupidite e sconvolte in proporzioni inverosimili.»
Padre Carmelo Durante da Sessano riporta una discussione che si sarebbe avuta tra l’arcivescovo di Manfredonia Andrea Cesarano e papa Giovanni XXIII, in cui il papa sarebbe stato “tranquillizzato” circa le questioni riguardanti Padre Pio:
«“Che mi racconti di Padre Pio?” “Santità…” “Non chiamarmi santità – lo interruppe – “chiamami don Angelo come hai sempre fatto. Dimmi di lui!” “Padre Pio è sempre l’uomo di Dio che ho conosciuto all’inizio del mio trasferimento a Manfredonia. È un apostolo che fa alle anime un bene immenso”. “Don Andrea, adesso si dice tanto male di Padre Pio”. “Ma per carità, don Angelo. Sono tutte calunnie. Padre Pio lo conosco sin dal 1933 e t’assicuro che è sempre un uomo di Dio. Un santo”. “Don Andrea, sono i suoi fratelli che l’accusano. E poi… quelle donne, quelle registrazioni… Hanno perfino inciso i baci”.
Poi il Santo Padre tacque per l’angustia e il turbamento. Monsignor Cesarano, con un fremito che gli attraversava l’anima e il corpo, tentò di spiegare: “Per carità, non si tratta di baci peccaminosi. Posso spiegarti cosa succede quando accompagno mia sorella da Padre Pio?” “Dimmi”. E monsignor Cesarano raccontò al Santo Padre che quando sua sorella incontrava Padre Pio e riusciva a prendergli la mano, gliela baciava e ribaciava, tenendola ben stretta, malgrado le vive rimostranze nel timore di sentire un ulteriore male per via delle stimmate. Il buon Papa Giovanni alzò lo sguardo al cielo ed esclamò: “Sia lodato Dio! Che conforto che mi hai dato. Che sollievo!»
In quel periodo il superiore locale di Padre Pio era Padre Rosario da Aliminusa (al secolo Francesco Pasquale, 1914-1983), che ricopriva l’incarico di guardiano della comunità di San Giovanni Rotondo. Padre Rosario da Aliminusa in diversi scritti testimoniò che Padre Pio non venne mai meno ai suoi doveri d’obbedienza. Ne mise inoltre in risalto il rigore teologico. Il 30 luglio 1964, il nuovo Papa Paolo VI comunicò ufficialmente tramite il cardinale Ottaviani che a Padre Pio da Pietrelcina si restituiva ogni libertà nel suo ministero. Concesse anche l’Indulto per continuare a celebrare, anche pubblicamente, la Santa Messa secondo il rito di San Pio V, sebbene dalla Quaresima del 1965 fosse in attuazione la riforma liturgica. Contemporaneamente, molteplici attività finanziarie gestite da Padre Pio passarono in gestione alla Santa Sede.
Padre Rosario da Aliminusa, inoltre, fu nominato procuratore generale dell’Ordine dei frati minori cappuccini. Si tratta di una delle massime cariche dell’ordine, incaricato, per la funzione, di mantenere i rapporti tra l’Ordine e la Santa Sede. Questa cosa favorì una ricomposizione della frizione che stava insorgendo in relazione alla gestione dei beni e delle donazioni. Padre Pio istituì nel suo testamento la Santa Sede quale legataria di tutti i beni della Casa Sollievo della Sofferenza. Tutto questo avvenne in relazione alla nomina – da parte della Santa Sede – di padre Clemente da Santa Maria in Punta quale amministratore apostolico destinato a gestire la situazione giuridico-economica dei beni della Casa Sollievo della Sofferenza,
Alle ore 2:30 del mattino di lunedì 23 settembre 1968 Padre Pio morì all’età di 81 anni. Ai suoi funerali parteciparono più di centomila persone giunte da ogni parte d’Italia.
La canonizzazione e i carismi
Le pratiche giuridiche preliminari del processo di beatificazione iniziarono un anno dopo la morte del Padre, nel 1969. Incontrarono però molti ostacoli da parte di coloro che erano stati nemici dichiarati di Padre Pio. Furono ascoltati decine di testimoni e raccolti 104 volumi di disposizioni e documenti. Nel 1979 tutto il materiale fu inviato a Roma al vaglio degli esperti di Giovanni Paolo II. Il procedimento che portò alla canonizzazione ebbe inizio con il nihil obstat del 29 novembre 1982. Il 20 marzo 1983, a quasi quindici anni dalla morte, iniziò il processo diocesano per la canonizzazione del Servo di Dio. Il 21 gennaio 1990 Padre Pio venne proclamato Venerabile. Fu dichiarato Beato il 2 maggio 1999. E il 16 giugno 2002 in piazza San Pietro Giovanni Paolo II lo proclamò Santo come San Pio da Pietrelcina. La sua festa liturgica si celebra il 23 settembre, anniversario della sua morte.
I miracoli
Tra i segni miracolosi che gli vengono attribuiti vi sono le “stimmate” che avrebbe portato per 57 anni in diverse fasi (a momenti alterni dal 1910 al 1917, e poi ininterrottamente dal 20 settembre 1918 fino a gran parte del 1968). Vi sono inoltre il dono della bilocazione, la profezia, la lettura dei cuori (capacità di leggere nei cuori delle persone, carisma noto come cardiognosi). Infine c’è la percezione, da parte dei fedeli, di intensi profumi floreali di vario tipo (violette, gelsomino, mughetto, rose ecc.) che si sarebbero manifestati come segno della sua presenza anche dopo la sua morte.
Il carisma della lettura dei cuori veniva manifestato soprattutto durante le confessioni. Padre Pio arrivava a confessare anche per diciotto ore al giorno. Si stima che, in cinquant’anni, abbia confessato circa seicentomila persone. Innumerevoli sono le testimonianze di chi scopriva che il frate conosceva in anticipo i peccati che stavano per essergli confessati.
Tra i molti miracoli attribuitigli c’è quello della guarigione del piccolo Matteo Pio Colella di San Giovanni Rotondo. Su di lui è stato celebrato il processo canonico che ha portato poi alla elevazione agli altari di San Pio. Tra i casi di bilocazione che lo avrebbero visto protagonista c’è quello di Luigi Orione, che riferì che nel 1925, mentre si trovava in piazza San Pietro per i festeggiamenti in onore di Teresa di Lisieux, gli sarebbe apparso inaspettatamente Padre Pio, che in realtà non si era mai mosso dal convento che lo ospitò dal 1918 sino alla morte.
Il miracolo per la canonizzazione
In generale, ai fini della canonizzazione, la Chiesa cattolica ritiene necessario un secondo miracolo, dopo quello richiesto per la beatificazione. Nel caso di Padre Pio, è stata ritenuta miracolosa la guarigione di Matteo Pio Colella. Questi era all’epoca dei fatti un bambino di sette anni, nato il 4 dicembre 1992 a San Giovanni Rotondo. Durante la mattinata del 20 gennaio 2000, mentre era a scuola, Matteo si sentì male. La madre Maria Lucia Ippolito lo portò a casa, dove i sintomi apparirono inizialmente come quelli di una normale influenza. Ma in serata la situazione precipitò, in quanto il bambino non riconosceva più la madre e sul corpo gli erano comparse diverse macchie violacee, tipico sintomo della coagulazione intravascolare disseminata (CID).
Il padre Antonio, urologo dell’ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza”, lo accompagnò al pronto soccorso dello stesso ospedale, dove gli fu diagnosticata una meningite batterica fulminante. Ricoverato in rianimazione in coma farmacologico indotto, il giorno successivo, il 21 maggio, Matteo peggiorò. Era stato tracheotomizzato a causa di alcuni blocchi respiratori ed aveva sfiorato l’arresto cardiaco, e nove organi erano stati dichiarati gravemente danneggiati. I medici emisero una prognosi infausta, in quanto nella casistica riportata nella letteratura medica internazionale non erano mai stati contemplati casi di sopravvivenza di pazienti con più di cinque organi compromessi.
In favore del bambino si sviluppò una catena di preghiere rivolte a Padre Pio, a cominciare dai genitori, devoti del frate. La madre riferì di aver avuto una visione di Padre Pio. La stessa cosa riferì Matteo una volta uscito dal coma, dicendo di essere stato in compagnia di un vecchio signore con la barba bianca vestito da frate. Lo riconobbe come Padre Pio vedendo un’immagine del futuro santo. Padre Pio avrebbe detto a Matteo che presto sarebbe guarito e lo avrebbe portato con lui in volo fino a Roma.
Contrariamente a qualsiasi ragionevole previsione, il bambino cominciò a migliorare. Il 27 gennaio gli venne fatta una TAC al cervello che risultò perfettamente nella norma. Il 31 gennaio (dopo 10 giorni) si risvegliò e il 26 febbraio fu dimesso. Dopo un altro mese di terapie riabilitative poté riprendere la scuola, con un successivo completo recupero psicofisico. La Consulta medica della Congregazione delle cause dei santi, il 22 novembre 2001, dichiarò che “La guarigione, rapida, completa e duratura, senza postumi, era scientificamente inspiegabile“. Il decreto sul presunto miracolo fu promulgato il 20 dicembre 2001 alla presenza di Papa Giovanni Paolo II, che procedette alla canonizzazione il 16 giugno 2002.
Fonte: Wikipedia