Santo del Giorno, 23 agosto – Santa Rosa da Lima
Rosa di Santa Maria, al secolo Isabel Flores de Oliva, è stata una religiosa peruviana del terz’ordine domenicano. Papa Clemente X l’ha canonizzata nel 1671 ed è la santa patrona del Perù, suo paese di origine.
Biografia
Nacque a Lima il 20 aprile 1586, nel ricco Perù, da una nobile famiglia di origine spagnola. Decima di tredici figli, ricevette il battesimo con il nome di Isabella. Il padre si chiamava Gaspare Flores, gentiluomo della Compagnia degli Archibugi, la madre donna Maria de Oliva. Quindi il suo nome completo era Isabella Flores de Oliva. Questo però sarà poi dimenticato in favore del nome che le diede, per la prima volta, la serva affezionata, di origine india, che le faceva da balia. Ella, colpita dalla bellezza della bambina, secondo il costume indios, le diede il nome di un fiore, nello specifico, rosa.
I suoi numerosi agiografi (esistono circa 400 agiografie su di lei), raccontano che a tre mesi dalla nascita la sua culla sarebbe stata circondata da rose.
La cresimò l’allora arcivescovo di Lima, anche lui Santo, Turibio de Mogrovejo. Egli le confermò, tra l’altro, in onore alle sue straordinarie doti fisiche e morali, quell’appellativo datole dalla serva india, Rosa. E ad esso aggiunse anche “di Santa Maria” ad esprimere il tenerissimo amore che sempre ebbe per la Vergine Madre del cielo soprattutto sotto il titolo di Regina del Rosario, la quale non mancò mai durante la sua vita di comunicarle il dono dell’infanzia spirituale fino a farle condividere la gioia e l’onore di stringere spesso tra le braccia il Bambino Gesù.
Visse un’infanzia serena ed economicamente agiata. Ben presto, però, la sua famiglia subì un tracollo finanziario. Rosa, che aveva studiato con impegno, aveva una discreta cultura ed aveva appreso l’arte del ricamo. Si rimboccò quindi le maniche, aiutando la famiglia in ogni genere di attività. Svolgeva dai lavori casalinghi alla coltivazione dell’orto ed al ricamo, potendosi così guadagnare da vivere.
Fin da piccola comunque aspirava alla vita religiosa. Il suo modello di vita e di fede era diventata Caterina da Siena, di cui aveva letto gli scritti sin da quando imparò a leggere. A vent’anni vestì l’abito del Terz’Ordine, oggi Laicato Domenicano, dell’Ordine dei Predicatori (Domenicani). Fu la testimonianza della Santa Senese a sviluppare ancora di più in Rosa l’amore sconsiderato per Cristo e per la sua Chiesa. Sin dall’infanzia nutrì una profonda solidarietà per i fratelli indios.
Le fu ben presto concesso di allestire nella casa materna, situata nel centro di Lima, una sorta di ricovero per assistere i poveri, i bisognosi, bambini e anziani abbandonati e specialmente di origine india.
Come Caterina, Rosa fu ben presto resa degna di soffrire la Passione del Signore sulle sue carni. Provò pure la sofferenza della notte oscura, che durò per molti anni. Ebbe anche lo straordinario dono delle nozze mistiche. In più nella sua vita spirituale ci furono vari carismi come quello di compiere miracoli di vario genere, della profezia e della bilocazione.
Dal 1609 si ritirò in un’angusta cella di circa due metri quadrati, ubicata sempre nel giardino della casa materna, fredda d’inverno e afosa d’estate, per meglio pregare in unione con il Signore. Ne usciva soltanto per partecipare alle funzioni religiose. Trascorreva gran parte delle sue giornate in ginocchio a pregare ed in stretta unione con il Signore. Spesso era resa partecipe di visioni mistiche, che iniziarono a prodursi con impressionante regolarità tutte le settimane, dal giovedì al sabato. Alla preghiera si alternavano poi autoflagellazioni, veglie e digiuni, mentre la sua vita ascetica era continuava a essere costellata di visioni, grazie, ma anche vessazioni diaboliche.
Nel 1614, su obbligo dei familiari, si trasferì nell’abitazione della nobile Maria de Ezategui. Qui morì tre anni dopo, all’età di trentun’anni, il 24 agosto 1617, consumata dalle penitenze che non rinuncio mai di chiedere al Signore in preghiera. Offriva la sua sofferenza per la salvezza dei peccatori e per la conversione delle popolazioni indigene.
Per tutta la vita condivise particolarmente la sofferenza dei fratelli indios, avviliti, emarginati, vilipesi e maltrattati soltanto per la loro diversità di razza e di condizione sociale. Quando sentì avvicinare la morte tradizione vuole che confidò alle sue consorelle: «Questo è il giorno delle mie nozze eterne». Era il 24 agosto 1617, festa di S. Bartolomeo.
Dopo la sua morte il capitolo, il senato e le corporazioni più rispettabili della città accompagnarono il suo corpo al luogo della sepoltura. Ma la folla di persone che radunata era tale che non si poté fare il funerale per diversi giorni. La sepoltura avvenne in forma privata nel chiostro della chiesa di S. Domenico, come aveva chiesto, ma in seguito il suo corpo venne trasportato all’interno della chiesa stessa.
Il suo corpo è conservato e tutt’oggi venerato a Lima nella Basilica Domenicana del Santo Rosario.
Culto
Già mentre era in vita la sua fama di santità fu molto grande e sentita. Un episodio più caratteristico presenta la santa abbracciata al tabernacolo per difenderlo dai calvinisti olandesi all’assalto della città di Lima. L’inattesa liberazione della città, dovuta all’improvvisa morte dell’ammiraglio olandese, si attribuisce alla sua intercessione.
Papa Clemente IX la beatificò nel 1668. Soltanto due anni dopo divenne inaspettatamente patrona principla delle Americhe, del Nuovo Mondo, delle Filippine e delle Indie Occidentali. Fu un riconoscimento del tutto inusuale e insolito per l’epoca visto che per decreto papale di circa mezzo secolo prima si stabiliva che nessuna figura poteva essere dichiarata patrona se non fosse prima stata canonizzata. Ma la venerazione per questa giovane figura era ormai molto forte. Per questo la canonizzazione avvenne solo tre anni dopo: papa Clemente X la canonizzò il 12 aprile 1671. Divenne così la prima dei santi americani.
È invocata in caso di ferite, contro le eruzioni vulcaniche e anche in caso di litigi familiari.
La commemorazione liturgica ricorre il 23 agosto. Il 30 agosto si celebra la santa secondo il calendario tradizionale per la messa cosiddetta tridentina.
A lei sono intitolate quattro parrocchie in territorio italiano: a Palermo, a Torino, a Lecce nel quartiere a lei dedicato e ad Alano di Castellabate in provincia di Salerno. Qui si custodiscono alcune reliquie con un’urna che rappresenta la santa nel soave momento della sua morte.
Nel XVII secolo, santa Rosa divenne patrona del castello (cittadina murata) di Spilamberto in provincia di Modena, governato all’epoca dalla nobile famiglia dei Rangoni. La ragione di tale decisione è da ricercare nel nome del paese. Spilamberto deriva infatti da spinum e Lamberti (letteralmente La spina – verosimilmente per: Lo spinaio – di Lamberto). Un documento d’archivio spiega che «affinché alle spine di Lamberto non mancasse una rosa, gli abitanti del castello assunsero quella di Lima» (ne spinis Lamberti rosa deesset Limanam assumpserunt).
Curiosità
A santa Rosa fu dedicato un dolce, la sfogliatella Santarosa, inventato nel Settecento dalle monache domenicane del Conservatorio di Santa Rosa da Lima di Conca dei Marini, una cittadina sulla Costiera Amalfitana.
A Callao (il porto di Lima), un’iconografia la vede raffigurata con un’ancora, nonostante solitamente nei dipinti appaia con una corona di rose sulla testa o anche in grembo o su un vassoio.
Fonte: Wikipedia