Commento al Vangelo, domenica 13 settembre 2020 – Mt 18, 21-35
Proponiamo di seguito il commento al Vangelo di oggi 13 settembre 2020.
In questo commento mi riferisco ad un pensiero che ho già espresso nel mio libro Ježíš – můj Pán. Zkušenost rybáře Petra (Gesù, mio Signore. L’esperienza del pescatore Pietro di Galilea) frutto degli esercizi spirituali che ho tenuto per la Diocesi di Plzen nell’agosto del 2014.
Pietro chiede consiglio a Gesù a proposito del perdono delle offese: “Quante volte devo perdonare? Bastano sette volte?”. Così dicendo Pietro parla seguendo la categoria della quantità, mentre Gesù ha in mente la categoria della qualità del perdono, per questo gli risponde: “Pietro, perdona fino a settanta volte sette”.
Per comprendere meglio cosa intenda Gesù, è bene prendere in considerazione alcuni brani che possono offrire una luce più completa.
– Perdona sempre (Lc 17,3-4): se un tuo fratello pecca e viene a chiederti perdono, perdonalo! Se viene da te sette volte e si pentirà, lo perdonerai.
– Perdona tutti (Mt 5,44): Gesù va oltre fino al punto di dire di amare i nemici. È necessario saper perdonare tutti.
– Perdona con tutto il cuore (Mt 18,21-22): con il perdono di Dio, cioè con tutto noi stessi, anche con i sentimenti. Bisogna perdonare non solo con la volontà, ma anche con i sentimenti, cioè avere il coraggio di dimenticare e il ricordo dell’offesa subita non ci condiziona più nell’amore verso l’offensore.
Il perdono ha quindi alcune caratteristiche: è perpetuo, universale e totalizzante. Questo comporta alcuni atteggiamenti.
Perdonare per primo. Il perdono inizia nel cuore di chi ha subito l’offesa indipendentemente dalla reazione dell’offensore. È perdonare chi ci ha offeso, nonostante non ci abbia ancora chiesto di perdonarlo. L’obiettivo del perdono è la comunione e questa esige una nostra disponibilità interiore. Esso si concretizza fondamentalmente in gesti di comunione che vanno oltre una semplice richiesta verbale di perdono.
Perdonare immediatamente senza mettere condizioni. Il perdono è uno stile di vita. Non aspettare domani perché la comunione ha sempre la precedenza sulla giustizia. Anzi la vera giustizia ha le sue fondamenta in una disponibilità a ricominciare a camminare insieme. Si tratta di avere una visione di resurrezione: come Dio si getta i nostri peccati dietro le spalle e non li vede più, così è sempre possibile ricominciare (cfr. Is 38,17).
Perdonare con la stessa misura, con cui sono stato perdonato. Impariamo a confrontarci con quello che abbiamo ricevuto e ciò che tutti abbiamo ricevuto è il perdono di Dio e dei fratelli. Il perdono ci guarisce dalla superbia, dall’avere sempre ragione. È diventare generosi nel perdono.
Perdonare per ridare fiducia. Ciò significa che possiamo camminare di nuovo insieme.
Pietro ha rinnegato Gesù, ma Gesù lo ha invitato a camminare ancora con lui (cfr. Gv 21,15-19). In questo modo Pietro è riconfermato, non viene punito. Spesso ci troviamo a decidere se usare severità o restituire la fiducia. Agire con severità è più facile perché non ci compromette. Invece la via della misericordia ci obbliga a cercare il modo giusto al fine di far rinascere la comunione e dare una nuova possibilità alla persona implicata. È prendere sulle proprie spalle il fratello che ha peccato sapendo che domani ognuno potrebbe trovarsi nella stessa situazione.
Perdonare di cuore. Vuol dire la capacità di dimenticare e iniziare di nuovo, possibilmente insieme. Una capacità che implica non solo la volontà, ma pure i sentimenti. Perdonare con il cuore è ridare forza al sentimento di tenerezza che deve caratterizzare ogni gesto di misericordia. Una misericordia fredda non guarisce; una misericordia piena di affetto guarisce sia l’offensore che l’offeso, fa nascere la comunione e ci si riscopre fratelli. Così come Dio che non cambia il suo amore se abbiamo peccato, ma sempre mantiene intatti i suoi affetti per noi. Gesù non ci vuole tristi e vendicativi. Il perdono carico di affetto ci ridona gioia e coraggio d’animo per le cose grandi. Cosa fare per vivere questo stile di vita segnato dal perdono?
È inevitabile che feriamo e veniamo feriti. Si tratta di prendere coscienza che il perdono è parte integrante della nostra vita proprio perché peccatori. Non ci si deve illudere che non sbaglieremo mai e che non feriremo mai. Quindi quando ti senti ferito per un’offesa, in primo luogo pensa che anche tu hai ferito, ferisci e ferirai. E la mancanza di perdono non è altro che una ferita in più che infierisci a chi ti ha offeso. Non perdonando feriamo
il nostro fratello negandogli la possibilità di essere reintegrato nella comunione. Il perdono richiede una forte dose di umiltà e questa si acquisisce pensando alla nostra miseria. In secondo luogo alleniamoci alla tenerezza con gesti di benevolenza di modo che diventi per noi un’abitudine agire secondo le esigenze della carità e della comunione. Diventiamo mansueti e così saremo facili al perdono. In terzo luogo non voler avere sempre ragione in nome di una presunta giustizia; ciò che conta è la comunione tra di noi e quindi con Dio. Per aiutarci a perdonare facilmente esercitiamoci a parlare bene dell’offensore e facciamo gesti di comunione. Per quanto
dipende da noi, come dice Paolo, viviamo in pace con tutti, benedicendo e non maledicendo (cfr. Rom 12,9-21). Il male si vince con il bene!
Infine chiedere al Signore, fonte di misericordia, di avere i suoi stessi sentimenti, sentimenti di figlio e quindi di fratello che sa sentire amore, un amore pieno di compassione capace di ridare libertà attraverso il perdono che si concretizza in gesti di vicinanza.
Perdonare è ricostruire l’unità ferita ridando la possibilità di camminare ancora insieme.










