Commento al Vangelo, 8 ottobre 2023 – Mt 21,33-43
Ecco un’altra parabola che, se da un lato mostra il dramma di Israele che non ha riconosciuto il Messia ma addirittura lo ha rifiutato, dall’altra svela il volto di Dio che non si dà pace pur di convincere gli uomini dell’amore che prova per loro.
È Dio che affida a noi i Suoi doni, la Sua vigna, perché ne possiamo godere e ricavare frutti.
Ciò ci ricorda l’immagine di Adamo che viene emesso nel giardino per custodirlo, per coltivarlo e per godere dei suoi frutti. Nel giardino Adamo si sente benedetto, si sente amato.
Ecco però la tentazione: impadronirsi dei frutti e sottrarli al padrone. È la classica tentazione di appropriarci della fonte della vita, così come è avvenuto nel giardino dell’Eden: diventare noi stessi fonte di benedizione. Competiamo con Dio, illudendoci di poter vivere da soli. Alla fine diventiamo solo invidiosi, ladri fino ad essere omicidi. E questa è l’opera del seduttore: farci diventare come lui, nemici di Dio.
Ecco che la soluzione di Dio è cercare altri che sappiano vivere e lavorare nel giardino con generosità e non con avarizia, che sappiano condividere la fecondità del Regno.
Ecco che, di conseguenza, emerge la figura di Dio che desidera ardentemente trovare qualcuno che sappia vivere in armonia con Lui, ma soprattutto che sappia condividere la gioia del raccolto. È un Dio che fa di tutto perché l’uomo si apra alla riconoscenza e alla comunione, che sappia far festa per il dono ricevuto.
E questo è il Regno: un modo di vivere segnato dalla gratitudine, dalla gioia e dalla gratuità.
Ecco che Dio cerca chi sa condividere il dono ricevuto, chi sa riconoscere che la fonte della vita non è nelle proprie mani, che non vi è altra salvezza se non nell’accoglienza del Suo amore, un’accoglienza che si concretizza nella persona di Gesù, Suo Figlio.
Se questo è il modo di agire di Dio, così di riflesso è il nostro: non diventare padroni della nostra gioia, ma beneficiari del dono di Dio. Rimanere legati a Lui è l’unica possibilità per non perdere i suoi doni. Viviamo la gratuità reciproca e impareremo così a condividere i nostri doni, il nostro tempo sapendo che ciò che siamo e abbiamo non ci appartiene, ma ci è dato per sperimentare la gioia della comunione, la gioia del Regno.