Commento al Vangelo, 3 settembre 2023 – Mt 16,21-27
In questo brano evangelico Gesù presenta ai discepoli un futuro diverso da quello che si aspettavano: attendevano la gloria, invece Gesù parla di sofferenza e morte. È facilmente comprensibile, quindi, la reazione di Pietro che vuole impedire un futuro segnato dal dolore.
Ma proprio in questa reazione di Pietro traspare la sua cecità. Infatti Pietro si ferma alla prima parte dell’enunciato di Gesù, cioè quello della sofferenza e della morte, e non sembra, invece, riuscire a comprendere la parte finale e cioè che il terzo giorno Gesù sarebbe risorto. Pietro ha una visione parziale della vita e non sa andare oltre.
È facile credere alla sofferenza, ma è molto più arduo sperare nella resurrezione; si ha paura che il futuro porti inesorabilmente i segni del dolore che si vive nel presente. Difficilmente ci apriamo ad un domani benedetto e pieno di speranza. Ci costa sperare in una resurrezione dalla nostra situazione attuale. Il futuro viene spesso ipotecato dal nostro passato non sempre roseo e felice e da un nostro presente che porta i segni del peccato e del dolore.
Ma il pensare di Dio è opposto al nostro: è un pensare che porta inesorabilmente alla salvezza perché Egli è più forte di ogni male.
Siamo invitati ad avere i pensieri di Dio, pensieri pieni di speranza, di resurrezione. Ciò comporta vivere ogni situazione sapendo che sempre vincerà la resurrezione. Questa è la vera sequela di Gesù: non fermarsi a metà perché sempre ci attende la benedizione. Indossiamo gli occhiali della resurrezione e saremo guariti da una miopia che non ci permette di vedere oltre, che ci oscura il futuro e ci fa tremare di fronte ad ogni evento che ci spaventa.
Pietro doveva imparare a seguire Gesù, a seguire le sue orme e a sperare come Lui, andando incontro agli eventi della vita con la fiducia in Dio che ama e salva.
Così anche noi seguiamo Gesù senza preoccuparci del futuro, assumendo un atteggiamento di gratitudine, di fiducia e di serenità perché qualsiasi cosa accada, già tutto è segnato dalla resurrezione. Rinneghiamo il nostro modo di pensare umano che vorrebbe spegnere ogni speranza, specialmente quando non vediamo i risultati, quando abbiamo paura di non farcela e vediamo vani tutti i nostri sforzi. Rinnegarsi è aprirsi alla fiducia e rinunciare a vivere come coloro che sono senza speranza. Ecco che la croce da portare non è altro che il saper vivere questa vita con gioia e serenità, pur nelle difficoltà.
Risorge chi sa fidarsi; va oltre chi sa vedere all’orizzonte la resurrezione che lo attende.
Non scoraggiamoci, ma perseveriamo e raccoglieremo i frutti della speranza.