Commento al Vangelo, 3 marzo 2024 – Gv 2,13-25
La salvezza è essenzialmente un dono e non un premio. Si riceve perché Dio dona. Il nostro atteggiamento è ricevere. Nulla di più. Così si gioisce non perché si è bravi e meritevoli per le perfezioni raggiunte, ma perché Dio è buono, sempre. Questa è la conversione che ci è chiesta dal Vangelo e non è per niente facile perché mette a nudo la nostra dipendenza da Dio e la necessità di affidarsi a Lui.
Il popolo di Israele non si è liberato da solo dall’Egitto, non ha ottenuto la libertà grazie alle sue forze. Anzi, neppure aveva chiesto la propria liberazione, solo gemeva sotto la dura schiavitù egiziana. È Dio che ha visto la miseria del Suo popolo ed è sceso a liberarlo dalla dura condizione servile: Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile ( Es 20,1). È un Dio che dimostra la Sua bontà fino a mille generazioni.
L’evangelista Giovanni descrive questa verità con il racconto della cacciata dal Tempio dei venditori e cambiavalute.
In occasione della festa di Pasqua una folla considerevole saliva a Gerusalemme e offriva a Dio per il sacrificio una grande quantità di animali come prescriveva la Legge. Così si rendeva necessario cambiare le monete che riportavano effigi pagane con monete lecite ebraiche. Il tutto era ampiamente giustificato in vista del culto. L’idea che soggiaceva era che senza sacrificio non si era graditi a Dio.
Gesù cambia prospettiva: per stare alla presenza di Dio non è più richiesta nessuna compra, nessun baratto. Si va da Dio non per dare, ma per ricevere.
Si va al Tempio a mani vuote per ricevere ciò che Dio ha preparato per noi, per ricevere la resurrezione della nostra vita, una resurrezione che comincia con la guarigione dalla paura del castigo, dalla paura di non meritare il dono di Dio, di non essere degni del Suo amore. In questa ottica si comprende l’analogia usata da Gesù tra Tempio e il Suo corpo per annunciare la resurrezione.
Vincere la paura di Dio eliminando la tentazione di comprarsi la salvezza è la nostra sfida quotidiana. È questa la conversione che costantemente ci viene richiesta.
Con libertà esponiamo al Signore le nostre povertà ed i nostri desideri senza promettere nulla.
Semplicemente esponiamo il nostro bisogno rischiando di fidarci della Sua misericordia.
E prima ancora di aver ricevuto, perché certo è il Suo ascolto e la Sua benevolenza, ringraziamo.
Così si apriranno i nostri occhi e vedremo la benedizione che è su di noi.
Allora saremo in pace e sapremo gioire perché Dio è buono, sempre e comunque.