Commento al Vangelo, 3 aprile 2022 – Gv 8,1-11 – V domenica di Quaresima
Sul mattino Gesù dal monte degli Ulivi si reca al tempio. Si suppone che Gesù abbia passato la notte in preghiera e ora va al tempio e insegna. Pertanto ciò che succederà avrà valore normativo.
In questo contesto, viene presentata una donna sorpresa in flagrante adulterio. Non una supposizione, ma un fatto di fronte al quale non ci sono scusanti. È evidente che la donna ha peccato e secondo la legge mosaica merita la lapidazione. Una situazione senza attenuanti.
Cosa fare di fronte ad una situazione dove non sono ammesse eccezioni? Si trattava di mettere in atto la legge che Dio ha dato a Mosè. In definitiva gli scribi e i farisei chiedono a Gesù se per lui è ancora valida questa legge. Qui sta il dramma.
In realtà per Gesù non si tratta di giudicare la validità o meno della legge, ma se la persona deve essere giudicata secondo la legge o secondo una nuova giustizia che contempli la misericordia, che dia la possibilità di una nuova vita.
Gesù va oltre la legge: il centro è la persona. La persona è sempre superiore a ciò che fa e come tale merita di essere trattata. Ognuno di noi è meritevole non di giudizio, ma di misericordia, di possibilità di redenzione, di poter ricominciare ancora. Dio ci tratta con misericordia offrendoci una nuova opportunità. Così Gesù dice alla donna: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Di fatto Gesù offre un nuovo tipo di soluzione: non fermarsi alla legge, ma dare un futuro. E il futuro si dona con la misericordia.
Curioso è il gesto di Gesù di fronte alle insistenze degli scribi e dei farisei si mette a scrivere col dito per terra. Un’azione che ricorda le prima pagine della Genesi dove Dio crea l’uomo con la polvere della terra (cfr. Gen 2,7). Dio non giudica, ma crea una donna nuova, che può ancora camminare libera dalla condanna, capace di non peccare più. Una soluzione che nessuno si immaginava, neppure la povera donna. Ma questo è l’agire di Dio con noi: dare futuro!
Tutti possiamo identificarci con la donna perché tutti abbiamo bisogno che ci venga data un’altra possibilità. Tutti sbagliano e nessuno rimane esente dalla condanna. Ma noi valiamo più della legge, non possiamo identificarci con quello che facciamo, ma valiamo di più. Ognuno di noi vale la misericordia. E Dio ci tratta così, con misericordia.
Se da un lato siamo chiamati a non identificarci con il nostro peccato ma a confidare nella misericordia di Dio, dall’altra parte siamo invitati a trattare gli altri secondo ciò che valgono, cioè con misericordia, con la possibilità di ricominciare, di rimanere e di non essere cacciati via perché peccatori.
Il vero volto di Dio si identifica non con la legge, ma con la misericordia. Misericordia significa poter continuare a vivere da figli. Questo significa diventare fratelli tra di noi, capaci di accogliere chi sbaglia. Allora saremo una vera comunità cristiana se sapremo accogliere chi sbaglia; e chi sbaglia è ciascuno di noi.
La fraternità viene dalla misericordia ed il primo ad aver bisogno di misericordia sono io stesso.
Cosa fare? Imparare ad accompagnare chi sbaglia perché senta che il volto di Dio non è la legge, ma l’amore.