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Commento al Vangelo, 29 ottobre 2023 – Mt 22,34-40

«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». È la domanda che un dottore della Legge rivolge a Gesù, un altro tentativo per mettere alla prova Gesù. E Gesù risponde in fedeltà alla Legge, riproponendo due comandamenti dell’Antico Testamento: amare Dio e amare il prossimo come descritto rispettivamente nel Deuteronomio (cfr. Dt 6,4-5) e nel Levitico (cfr. Lv 19,18). Solo che per Gesù non sono due comandamenti distinti, ma formano un tutt’uno inscindibile. Ed è questa la vera novità: l’amore vissuto nei confronti di Dio e dei fratelli sono un solo comandamento, come afferma la prima lettera di Giovanni: Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello (1Gv 4,19-21).
Ciò che colpisce è che siamo stati resi capaci di amare Dio e il fratello. Di conseguenza non si può se non amare Dio e chi Dio ama: il fratello e non solo colui che ci è prossimo, vicino, per diverse ragioni. Ora, per Gesù non ci sono più barriere, ma tutti sono fratelli, nemico compreso (cfr. Mt 5,43-48). Il cuore della Legge è amare tutti e così diventare perfetti, buoni, come lo è il Padre del quale siamo tutti figli, buoni e cattivi. È l’invito a concentrarsi sulla nostra capacità di amare, di accogliere, di usare misericordia, ma è pure la promessa che tutti possiamo diventare amici. È la promessa di una fraternità nuova basata sull’amore e non sulla semplice prossimità di qualche interesse particolare.
Nell’amore vi è sempre un coinvolgimento affettivo senza il quale esso diventa freddo. Dio è amore (cfr. 1Gv 4,8) e potremmo dire che a Dio piace che lo si ami con un cuore caldo, non con una tiepidezza, seppur fedele (cfr. Ap. 3,15-16). Ne consegue che non si può amare in modo freddo senza che non sia convolto il nostro affetto.
Siamo chiamati ad amare anche noi così, con tenerezza, ad avvicinarci a Dio e al fratello allo stesso modo, con gesti ispirati alla tenerezza.
È l’invito a relazionarci con Dio con tenerezza mediante atteggiamenti di libertà e di confidenza.
Si tratta di trattare, coraggiosamente, Dio come si tratta un amico, senza filtri, andando oltre le nostre convenzioni religiose per imparare ad aprirgli il cuore, sempre e comunque, certi della Sua comprensione e misericordia, parlando di tutto, senza riserve, senza paura.
Nello stesso tempo siamo invitati ad amare il nostro fratello con un cuore caldo, cercando una comunione affettiva, sensibile, senza la quale ogni vicinanza perde ogni piacere, con gesti ispirati alla gentilezza fino a sentire sentimenti di affetto per lui.
Così facendo il nostro cuore si riscalderà e i nostri occhi si apriranno: vedremo Dio come amico e il prossimo come proprio fratello, ma soprattutto ci scopriremo capaci di amare, di essere, per quel che è possibile, simili a Dio.
Trasformare l’amore in tenerezza per amare Dio e amare il fratello chiunque esso sia è il cuore della Legge.