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Commento al Vangelo, 27 aprile 2025 – Gv 20,19-31

In tutti e quattro i Vangeli, nessuno vede Gesù risorgere. Neppure le donne che vanno al sepolcro vedono Gesù, ma solo degli angeli. Semmai è Gesù che si manifesta ad alcuni di loro, ma soprattutto appare agli apostoli quando sono in casa riuniti.
Questa modalità suggerisce quale sia l’intenzione di Gesù e contiene un’indicazione per tutti noi.
Prima di tutto l’apparizione di Gesù è inaspettata e suscita meraviglia. Sta ad indicare che non è conseguenza di un nostro sforzo o merito, ma è pura iniziativa gratuita di Dio. È sempre Gesù che va incontro ai Suoi, non il contrario. E questo incontro non è neppure atteso o preparato, ma avviene, la maggioranza delle volte, quando i discepoli non se l’aspettano e sono impreparati: stanno mangiando, sono per strada, stanno pescando oppure chiusi in casa per paura. Ciò che ci rende pronti a ricevere il dono dello Spirito Santo non sono i nostri sforzi morali e religiosi, ma è un Suo dono. Mai saremo pronti! Diversamente non ci sarebbe dono, ma solo meritata ricompensa. È Gesù che trova noi quando vuole, come vuole e dove vuole.
Solitamente si pensa che noi dobbiamo andare a Dio preparati, perché diversamente non lo potremmo incontrare o comunque l’incontro non sarebbe fruttuoso. In realtà è al contrario.
Dio non solo non fa preferenza di persona, ma neppure di situazioni.
Così era la comunità descritta nel Vangelo, come afferma Giovanni, impreparata e impaurita, chiusa in casa per timore dei Giudei. Proprio in questo contesto, Gesù appare in mezzo a loro, concede il dono dello Spirito e li invia nel mondo.
Nonostante questo evento, otto giorni dopo, i discepoli sembrano non essere cambiati: hanno ancora le porte chiuse, ma ciò non scoraggia il Signore che nuovamente viene a fare loro visita.
Questa volta, però, il vero impreparato è Tommaso che non ha creduto alla testimonianza del resto della comunità. Non era con gli altri dieci quando la prima volta Gesù era apparso ed ora vuole delle prove per credere; non si fida dei suoi amici. Questo era il problema di Tommaso: la sfiducia. Si cercano segni per credere, ma in realtà bisogna fare l’opposto: avere fiducia per vedere i segni che Dio concede. A Tommaso non mancavano i segni, mancava la fiducia.
Ecco che il Vangelo ci offre un mezzo per guarire da questa sfiducia: vivere le relazioni tra di noi all’insegna della misericordia. Solo così si crea un ambiente adatto perché si possa sempre ricominciare a sperare senza lasciarci schiacciare dal male, dai nostri limiti, dai nostri peccati, senza che essi determinino il futuro.
Non preoccupiamoci tanto di come siamo, ma preoccupiamoci, invece, di vivere atteggiamenti di misericordia con i fratelli. Allora riconosceremo i segni della resurrezione; essi sono visibili dove regna la misericordia.