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Commento al Vangelo, 26 gennaio 2025 – Lc 1,1-4; 4,14-21

Leggendo il brano evangelico proposto dalla liturgia odierna colpisce il fatto che Gesù, appena battezzato e terminato, poi, il periodo di deserto, va dai suoi concittadini per proclamare l’anno di misericordia. La sua prima azione è un’azione evangelizzatrice.
Da ciò si deduce che per Gesù evangelizzare è lo scopo primario della Sua vita. Annunciare e guarire sarà infatti ciò che caratterizzerà la Sua missione come ben espresso da Pietro nel discorso rivolto a Cornelio: Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui (At 10,36-38).
Annunciare e guarire dovrebbero essere quindi la prerogativa e la priorità dei discepoli di Gesù.
Infatti Lui stesso invierà i suoi a predicare e a guarire: Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli -, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni (Mc 3,14-15).
E Noi? Anche noi siamo chiamati a continuare la missione di Gesù, ad assumere lo stesso stile di vita come lo stesso Paolo dice di se stesso: Infatti annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo! (1Cor 9,16).
Annunciare cosa? La misericordia di Dio, che è venuto a visitare l’uomo portando in dono la comunione con Lui e tra di noi. Non si tratta di insegnare dottrine o precetti morali o di convertire; si tratta, invece, di testimoniare quanto è stato buono ed è buono con noi il Signore.
È mostrare il vero volto di Dio, una Padre, pieno di affetto e tenerezza. che ama chiunque, credenti e non, buoni e cattivi. Egli sempre perdona e benedice.
Così infatti proclama Gesù nella Sinagoga di Nazaret annunciando la gioia per i poveri, la libertà ai prigionieri ed a tutti l’anno di grazia. Non potrebbe essere diversamente perché Dio è misericordioso e tale rimane per sempre. E noi per primi abbiamo bisogno di ricevere questo lieto annuncio. E così coloro che vivono attorno a noi: siamo tutti affamati di liete notizie.
Ecco che i primi destinatari della buona novella sono coloro che vivono attorno a noi. Non bisogna cercare lontano chi evangelizzare; è la vita stessa che crea opportunità e contatti. Gesù inizia la Sua missione partendo da quelli di casa Sua, da coloro che lo conoscevano e con cui aveva vissuto decenni. Evangelizzare chi è lontano, spesso, può essere un diversivo per non entrare in comunione con chi ci è vicino. Siamo chiamati ad essere segno di misericordia con coloro che condividiamo spazi, interessi e affetti perché nasca una vera comunione che sappia sconfiggere i mali che sono annidati nei nostri cuori come la disperazione e la solitudine.
Evangelizzare diventa così uno stile di vita, un continuo incontrare l’altro per condividere la misericordia di Dio.
Vinceremo il male nella misura che andremo incontro all’altro nelle nostre “sinagoghe”, nei nostri ambienti, per condividere e gioire insieme del dono di Dio.