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Commento al Vangelo, 20 novembre 2022 – Lc 23,35-43

Il vangelo inizia con la descrizione di un evidente contrasto: da un lato il popolo che sta a guardare Gesù in croce, dall’altro i capi che lo deridono. Segue poi quello dei due ladroni: uno che si comporta come i capi, l’altro che invece che si affida alla misericordia di Gesù.
Questi due contrasti stanno ad indicare due atteggiamenti che spesso convivono dentro di noi.
Il comportamento dei capi, dei soldati e del malfattore “cattivo” è di pretesa.
Vogliono una dimostrazione che Gesù è Dio. Riecheggiano le tentazioni del deserto: se sei… allora fai… Si vorrebbe che Gesù facesse quello che noi vogliamo, quello che pensiamo e sentiamo giusto per noi. Trattiamo Dio come se fosse un idolo obbediente alle nostre richieste:
Lui deve cambiare, non noi. Quando assumiamo questo atteggiamento di pretesa e di sfida, allora nasce necessariamente la rabbia contro Dio e contro il mondo. Non accogliamo che siamo solo creature bisognose. Noi stessi vorremmo essere come Dio e decidere in base al nostro piacere. Così rimaniamo chiusi ad ogni novità e meraviglia.
La rabbia e l’amarezza nasce dalla mancanza di docilità alla volontà di Dio e dalla nostra vanagloria.
Cosa fare? Arrendersi alla volontà di Dio.
Come? Affidando a Lui la nostra vita e ringraziare per ogni cosa, buona o cattiva che sia.
Dall’altra parte assistiamo al comportamento della folla e del malfattore “buono” che guardano alla croce senza dire nulla. È l’atteggiamento di chi sa attendere cosa Dio donerà. Non ci sono pretese, ma solo attesa. Siamo chiamati a guardare agli eventi dalla vita con l’atteggiamento di chi sa che da ogni cosa può venire un dono. Tutto, infatti, concorre al bene di coloro che hanno fiducia in Dio e sanno attendere. E la fiducia nasce proprio dalla nostra impotenza.
Ringraziare per la nostra impotenza perché nasca la fiducia e così imparare ad attendere il dono che Gesù vorrà darci è l’indicazione che ci offre il vangelo.
È in questo contesto che il malfattore “buono” osa fare una preghiera: ricordati di me. Il malfattore “buono” non pretende perché sa che non merita, chiede solo di essere ricordato, non dimenticato. Non chiede neppure perdono. Questo ladro vuole stare con Gesù e si fida di Lui nonostante Gesù non faccia nulla per la liberazione, nonostante siano entrambi condannati alla stessa pena. Qui non c’è rabbia, ma preghiera, semplice e sincera.
È l’invito a fidarci di Gesù anche quando sembra non faccia nulla per noi, a trasformare la nostra miseria in preghiera.
Di fronte a queste due scene, Gesù reagisce in due diversi modi: ai capi, ai soldati e al malfattore “cattivo” non risponde nulla, mentre al malfattore “buono” risponde dicendo che sarà con Lui.
Abbiamo bisogno di sentire che Gesù non ci abbandona anche se siamo peccatori, ma soprattutto che saremo con Lui in “paradiso” oggi stesso. È un Gesù buono e veloce.
Fidiamoci di Gesù e chiediamogli di poter stare con Lui; ringraziamolo per ogni cosa e affidiamogli la nostra vita; trasformiamo la nostra povertà in una preghiera semplice e fiduciosa che chiede di non essere dimenticati e di poter stare con Lui. E Gesù ascolterà e risponderà prima che noi ce lo immaginiamo.