Approfondimenti

Commento al Vangelo, 20 aprile 2025 – Gv 20,1-9

Quante volte siamo portatori di fake-news, notizie false che non fanno altro che disorientare e offrire un visione distorta della realtà. Maria di Magdala diceva il vero che non si trovava più il corpo di Gesù nel sepolcro dove era stato deposto, ma non era certo vero che qualcuno lo aveva portato via. E così facendo aveva prodotto una notizia falsa. Ella era stata testimone della morte di Gesù per cui la realtà non poteva essere diversa da come lei vedeva e così la interpretava: la pietra tolta dal sepolcro era segno inequivocabile del furto del corpo di Gesù. Era così convinta della sua logica che neppure entra nel sepolcro per assicurarsi di ciò che suppone. Per Maria era normale credere che fosse così; nessuno, infatti, era mai risorto da morte e neppure lo si considerava possibile, nonostante Gesù lo avesse preannunciato. I fatti sperimentati, in questo caso, superano ogni speranza, ogni promessa e qualsiasi fede robusta. In latino c’è un’espressione molto lapidare che riassume tutto ciò: contra factum non est argumentum (di fronte al fatto non si discute).
Basta poco per convincersi che è vero ciò che noi pensiamo e di cui abbiamo esperienza. Siamo abituati al nostro grigiore che ci pare impossibile che ci sia un’altra soluzione per la nostra vita.
Siamo abituati alla disperazione per cui pensiamo che neppure Dio può cambiare la cruda realtà. Vediamo solo il limite, incapaci di credere che vi siano parole e fatti come resurrezione, speranza, vita nuova. Molto spesso vediamo solo l’assenza di Dio nella nostra vita, la miseria e la povertà, un Dio eternamente indaffarato in altro che non si immischia nelle nostre vicende. Il frutto è la rassegnazione o, peggio ancora, racchiudere la realtà in un recinto chiuso dato dalla nostra miopia e durezza di cuore a tal punto che ogni annuncio di speranza è considerato come una pura illusione irrealizzabile e fastidiosa. Crediamo a ciò che vediamo e non a ciò che speriamo: ci costruiamo una fede orizzontale carente di ogni vitalità e resurrezione. Anzi non speriamo più!
Il testo del Vangelo afferma: Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. Si erano fermati ad una mera comprensione fattuale degli eventi, una comprensione senza anelito di speranza, senza attesa, senza memoria della potenza di Dio; non erano andati oltre con il loro cuore.
Guardiamo meglio la nostra vita e allora vedremo che ci sono i segni della presenza di Dio e del Suo amore, vedremo che nel sepolcro destinato ai morti vi è l’inizio di una nuova vita.
Abituiamoci a vedere non ciò che manca, ma ciò che c’è. È l’invito a vedere la realtà con occhi e con un cuore diversi, positivi e aperti, animati dalla speranza nella fedeltà di Dio, a considerare il tutto non come la fine, ma come l’inizio. E questo è possibile se comprendiamo la Scrittura, un comprendere che va oltre uno studio critico, ma che implica un accoglierla come vera, cioè fonte di speranza, come promessa. Ecco che allora vedremo oltre la mera ed immediata realtà: vedremo la vita dove sembra ci sia morte.
Così facendo diventeremo annunciatori di notizie vere, vere perché danno speranza: è questo che cambia la vita, non una presunta verità triste, ma una verità gioiosa che spinge ad andare al sepolcro e ad osservare bene per credere, come fece Giovanni.
Impariamo a guardare la vita alla luce della speranza, alla luce della fedeltà delle promesse di Dio: allora saremo interpreti di segni di vita e non di morte.