Commento al Vangelo, 19 febbraio 2023 – Mt 5,38-48
La liturgia di oggi riprende parte del discorso della montagna dove Gesù espone il cuore del suo messaggio. Lo fa ponendo a confronto ciò che era stato detto agli antichi con quello che ora Lui propone.
Se per l’Antico Testamento valeva il principio dell’uguaglianza per cui il fratello doveva essere amato come ognuno ama se stesso, nel Nuovo Testamento si passa “all’eccesso”: si ama non solo il fratello, ma il nemico stesso e si prega per coloro che sono contro di noi sull’esempio di Dio, che è buono con tutti. Con Gesù non vale più il principio del merito per cui si riceve in base alle nostre azioni; ora vale il principio della gratuità: si riceve non perché si merita, ma perché Dio è buono. Ne consegue che non basta più essere solamente giusti e non conservare rancore, ma si ama sull’esempio di Dio che dona il suo amore a tutti, indistintamente.
È un cammino di compimento di cui Gesù sarà esempio donando la sua vita per tutti, mostrando così il vero volto di Dio, un Dio che non serba rancore, ma che è disposto a “porgere l’altra guancia”, a “lasciare il mantello”, ad accompagnarci fino alla fine e a dare sempre e comunque la sua vicinanza e la sua misericordia. La giustizia lascia il posto alla misericordia.
Con Gesù il cuore del vangelo consiste non solo nell’eseguire i comandamenti, ma nell’avere gli stessi sentimenti di Dio che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi, che ama tutti senza preferenze senza preoccuparsi troppo della nostra risposta.
Amare il nemico diventa così il metro della fede, il criterio della nuova vita, ma soprattutto testimonia la grandezza della misericordia di Dio.
Siamo messi in grado di amare l’altro più di noi stessi fino al punto di dare la vita per lui. In altre parole si tratta di amare quelli che non ci amano e di pregare per loro, non tanto per la loro conversione, ma per la loro gioia.
Questo passaggio da un’uguaglianza di amore ad una sproporzione di amore è l’immagine più autentica del volto di Dio inteso come Padre, è lo stile di vita del discepolo di Gesù ed è segno della vita nuova inaugurata da Gesù.
Ecco l’invito a non limitarci a rispondere in base a chi ci corrisponde, ma andare oltre precedendo l’altro con gesti che sappiamo, forse, non verranno corrisposti. In questo modo si allargherà il nostro cuore, impareremo a vivere la benevolenza e sentiremo Dio come Padre che ama. I primi ad essere felici saremo noi stessi: saremo grati per la misericordia che continuamente ci viene usata. Avremo, così, un cuore che sa amare, un cuore misericordioso e buono e diventeremo testimoni e segno dell’amore di Dio che copre e trasforma tutto e tutti.