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Commento al Vangelo, 18 settembre 2022 – Lc 16,1-13

La parabola racconta di un amministratore disonesto che sperpera le ricchezze del suo padrone e per questo, sottoposto a giudizio, si vede costretto a cambiare vita. Da astuto, dopo aver considerato che gli mancano le forze per diventare un bracciante e che prova vergogna a mendicare, decide di approfittare della situazione per procurarsi persone riconoscenti che gli assicurino il futuro. Chiama i singoli debitori del suo padrone e, rinunciando alla sua legittima percentuale sui profitti, fa degli sconti. E il padrone loda l’amministratore per la sua astuzia e lungimiranza. Gesù suggerisce di fare la stessa cosa: procurasi amici così come ha fatto l’amministratore astuto. Egli si è assicurato il futuro facendosi degli amici.
Ecco la nostra furbizia: saper rinunciare ai nostri privilegi, alle nostre ragioni, a tutto ciò che non promuove l’unità per andare incontro al fratello e creare comunione. In altre parole è rendere felici gli altri. È l’invito a diventare amico dei fratelli per diventare amico di Dio, per fare come Dio. Siamo invitati a considerare l’altro non come un servo (cfr. Gv 15,15), ma come un amico. È chiamare l’altro amico e trattarlo di conseguenza, non secondo il mio bisogno, ma secondo la felicità dell’altro. L’altro è un dono prezioso, non è il peccatore da convertire.
Scegliamo gli altri come amici e permettiamo loro di sceglierci come amico. Ogni attaccamento alla ricchezza ci spinge a chiudere il cuore e a tradire. L’avarizia distrugge infatti l’unità, ci priva del coraggio di essere amici e ci isola dai nostri fratelli. Aspiriamo alla comunità e all’unità, la cui forma più alta è l’amicizia. Non c’è nulla come l’amicizia che vince ogni attaccamento alla ricchezza e ci permette di fidarci di Dio.
L’amministratore disonesto è stato elogiato per essere stato in grado di rinunciare a qualcosa per conquistare amici. Facciamo così e saremo vicini a Dio e da lui lodati.