Commento al Vangelo, 14 maggio 2023 – Gv 14,15-21
È Gesù che prega il Padre perché venga un Altro, lo Spirito, perché stia accanto ai discepoli per sempre. Ma non solo, lo Spirito sarà addirittura in loro, vivrà dentro di loro, non più solo accanto a loro.
In queste parole di Gesù c’è un cambio qualitativo: Dio non è più solo accanto a noi, ma dentro di noi. È il compimento delle promesse dei profeti che annunciavano un cuore nuovo.
Ma questo cuore nuovo è in realtà un cuore che contiene la vera novità: lo Spirito Santo.
Il vero cambio è questo: dentro di noi c’è una fonte che zampilla, che non si esaurisce e che non dipende dalla mia bravura, ma è un dono immeritato e gratuito che rende la nostra vita feconda, luminosa, piena di speranza, capace di amare e di osservare i comandamenti. Potremmo dire che lo Spirito ci rende capaci di vivere con gioia ed entusiasmo il vangelo nonostante la nostra miseria.
Un cuore nuovo non è un nuovo cuore, ma è lo stesso cuore che però ora diventa casa di Dio.
Non è quindi frutto di sforzi e di opere buone, ma è un saper accogliere quel Qualcuno che è dentro di noi e va oltre le nostre forze. Potremmo dire che il nostro cuore rimane povero, debole, ma in questa precarietà vive lo Spirito di Dio il cui compito è di rimanere in noi. E allora ci scopriamo consolati, confermati e capaci di amare con gioia.
Questa è la novità che Gesù comunica ai suoi: un altro tipo di relazione per cui i discepoli sentiranno dentro di loro Qualcuno che li rassicura, sentiranno dentro di loro una fonte continua di vita, una consolazione interna che non smette di rassicurare che non si è orfani, abbandonati. Una nuova esperienza che ancora non avevano sperimentato. Fino ad ora avevano avuto l’esperienza di Gesù che era accanto a loro, l’esperienza comune di un amico che sta con loro. Ciò che caratterizzava era la vicinanza fisica, dove i sensi percepiscono la presenza dell’altro, i occhi vedono, le orecchie sentono, le mani toccano.
Ora Gesù introduce una nuova esperienza, un’esperienza di intimità dove ciò che conta è un sentire con il cuore. Se prima si trattava di ricevere dati sensibili, ora è averli dentro di sé; è l’inizio di una conoscenza affettiva che possiamo chiamare amore. E questo sentire l’amore dentro di noi ci permette di sentire di essere in comunione con Dio, con i fratelli, con noi stessi, con la vita. Si vive da perenni riconciliati. È un dono che ci viene dato e ci rende capaci di osservare i comandamenti, cioè di amare. Ora si conosce principalmente con il cuore, vivere con il cuore la gioia del vangelo.
Invochiamo il Consolatore perché da accanto a noi, passi a dentro di noi. È tempo di dire: vieni o Spirito Santo, mio Consolatore, che io senta che sei dentro di me, sempre, dovunque e comunque, che io senta che sono amato, non sono abbandonato, in balia del male e della propria povertà, che io possa gioire della fedeltà dell’amore di Dio per me.