Nel vangelo viene narrato il fatto della trasfigurazione di Gesù. Al di là del fatto prodigioso, vi possiamo riscontare alcuni elementi per la nostra vita di fede.
Gesù aveva bisogno di conferme, se procedere o meno verso Gerusalemme dove sapeva che sarebbe stato ucciso per poi risorgere, come lui stesso aveva annunciato ai suoi. Per questo sale sul monte.
Così anche per noi, abbiamo bisogno di essere confermati che siamo figli amati nonostante le prove della vita e i nostri limiti e peccati. Il racconto della trasfigurazione ci offre due strumenti che ci mettono nella condizione di sperimentare l’amore del Signore.
Primo elemento: la preghiera.
Il testo dice che Gesù fu trasfigurato mentre stava pregando. Se non si fosse messo a pregare, è lecito domandarsi se sarebbe avvenuta questa trasfigurazione. Non lo sapremo, ma sta di fatto che Luca sottolinea che la trasfigurazione si ebbe mentre Gesù pregava. Si è messo nelle condizioni per essere aperto al dono che il Padre gli voleva dare. Ciò che conta per Gesù non è che il Padre gli tolga le prove, ma che sia confermato nella sua missione. Il fatto stesso dell’apparizione di Mosè ed Elia che parlano con Gesù proprio del suo esodo ci fa dedurre che non lo hanno scoraggiato, ma confermato ad andare decisamente verso Gerusalemme, come poi il testo bene esprime (cfr. Lc 9,54). Così pure la voce uscita dalla nube riconferma che Gesù è il Figlio del Padre, l’eletto. Cosa fare, dunque, quando ci sentiamo abbandonati, lontani e perfino non amati da Dio? Bisogna avere il coraggio di entrare nella nube mediante la preghiera, ascoltando la Legge e i profeti, cioè il vangelo. È la cosa più semplice da fare. Se ci mettiamo in questa ottica, vedremo che nonostante le difficoltà, la nostra vita verrà trasfigurata, cioè sperimenteremo la comunione con il Signore. Il segno che Dio ci ama non è però che vengano tolte le prove, ma che nelle prove ci sentiamo confermati e amati.
Secondo elemento: gli amici.
Gesù non salì sul monte da solo, ma prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo. Era in compagnia. Non erano tutti i dodici, ma solo quelli che gli erano più vicini, più intimi. Perché si è fatto accompagnare? Forse per puri motivi didattici oppure perché vi è una ragione più profonda? La fede è sempre un’esperienza di comunione con Dio e tra di noi. La dimensione dell’amicizia è essenziale nella vita spirituale perché è la concretizzazione della carità in quanto amore reciproco. Per tale ragione la fede esige amicizia. Senza amicizia la fede si può trasformare in ideologia. Oso dire quindi che non esiste la vita di fede senza amicizia. Da dove, dunque, posso vedere che Dio mi ama? Dagli amici. Sta scritto nel Siracide che il Signore benedice chi lo teme con il dono degli amici (cfr. Sir 6,16) con cui si sperimentare il Signore. Il frutto è quello che dicono i tre apostoli: è bello per noi essere qui.
Le prove della vita, esterne e interne, i nostri peccati, le difficoltà, le incomprensioni ci fanno sorgere il dubbio se siamo veramente amati da Dio. Come reagire? Mettendoci nelle giuste condizioni per sperimentare che siamo figli amati: preghiera e amici. Una preghiera fatta di ascolto del vangelo e un’amicizia fatta di presenza affettuosa. Questo ci donerà la forza di continuare nel nostro cammino perché confermati che Dio non ci abbandona mai.
Dedichiamo tempo per ascoltare il vangelo e per stare con gli amici e così sperimenteremo che il Signore è vicino.