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Commento al Vangelo, 7 febbraio 2021 – Mc 1,29-39

Il brano evangelico che ci presenta la liturgia riassume le priorità di Gesù. Dopo essere stato in sinagoga e aver annunciato il vangelo e liberato un ossesso, Gesù si reca nella casa di Pietro e Andrea in compagnia di Giacomo e Giovanni.

Il fatto che Gesù vada in sinagoga, che poi incontri i malati e che si ritiri in luoghi deserti a pregare non desta stupore. Ciò che invece desta stupore è il fatto che va in casa di amici con altri amici. Perché mai? Solo per necessità e opportunità o in realtà indica un aspetto essenziale per la sua vita e per tutti noi?

Non esiste vera vita di fede senza una vera vita di amicizia. È lo stesso Gesù che ci chiama amici e afferma che non esiste un amore più grande se non quello di dare la vita per un amico (cfr. Gv 15,12-15). La fede si esprime in primo luogo non tanto nella preghiera o in attività pastorali, ma soprattutto in un amore che ci rende amici. Non c’è nessuno come l’amico che ci apre alla fiducia, alla comunione e ci rende sensibili e aperti all’altro e in definitiva a Dio. L’amicizia ci fa andare oltre noi stessi e ci spinge a cercare l’unione. Così la fede esige condivisione e non c’è vera condivisione se non si sa aprire il cuore agli amici. Il nostro modello è Dio stesso che è amore. E l’amore per essere tale deve tradursi in amicizia, nell’essere amico di qualcuno.

Ecco che Gesù è amico di Pietro e di Andrea e porta con sé altri due amici, Giacomo e Giovanni; diventano una comunità di amici che vivono nella stessa casa, una casa dove l’amore ha il potere di guarire.

Infatti appena entrati in casa gli parlano della suocera di Pietro che era a letto con la febbre. L’amore ti fa parlare dell’altro, ti fa interessare dell’altro. E Gesù si avvicina e la prende per mano e la alza. È il gesto tipico della resurrezione: avvicinarsi, tendere la mano e mettere in piedi. La febbre subito lascia la suocera che comincia a servire i presenti nella casa. Colei che era inutile e non serviva, diventa capace di servire gli amici. Gli amici hanno fatto avvicinare Gesù alla suocera e lei recupera la capacità di servire gli amici di Gesù. Lei stessa diventa amica degli amici.

Cosa avrà guarito la suocera? Solo la fede? O non piuttosto l’amicizia che si è trasformata in fede? Difficile dirlo. Una cosa certa è che la guarigione avviene in un contesto di fede e di amicizia; o meglio dove c’è amicizia, lì è presente Gesù.

Gesù prese l’iniziativa e si avvicinò a quella donna malata e le diede una nuova vita, una nuova dignità, offrendole un’ulteriore opportunità di sentirsi utile. Gesù andò da lei, la fece alzare e la febbre se ne andò. L’amore di Gesù l’ha fatta risorgere.

Se la sinagoga rappresenta l’Antico Testamento, la casa degli amici simbolizza il Nuovo Testamento, la nuova identità della fede evangelica: essere amici.

Gesù stesso aveva bisogno degli amici, lo stare con loro era una sua priorità; per lui non era una perdita di tempo.

Quattro sono le azioni tipiche dell’amicizia: parlare, avvicinarsi, tendere la mano, alzare.

Sta a noi prendere l’iniziativa.

Concretamente dedichiamo tempo a fare amici. E si fanno amici stando insieme, andando nella casa degli amici con altri amici. È un cammino fatto sempre assieme.

Quanto tempo al giorno dedichi ai tuoi amici?

Dare tempo ai nostri amici, non è tempo perso! Stiamo insieme mangiando insieme, lavorando insieme, pregando insieme come Gesù che passava di casa in casa con amici per fare altri amici. Allora la nostra fede sarà forte, vera e guaritrice.