Il Santo del Giorno

Santo del Giorno, 21 settembre – San Matteo apostolo

Matteo apostolo ed evangelista fu, secondo i Vangeli, uno dei dodici apostoli di Gesù e, secondo la tradizione, l’autore del Vangelo secondo Matteo. In questo stesso vangelo è citato come “il pubblicano” e descritto come esattore delle tasse prima della chiamata di Gesù. In Marco e Luca chiamano lo stesso pubblicano Levi, anche se non è esplicitamente identificato con l’apostolo Matteo. Non bisogna confondere Matteo con l’apostolo quasi omonimo Mattia.

Gli studi moderni sulla reale identità dell’autore del Vangelo secondo Matteo hanno opinioni discordanti. Attualmente, comunque, la quasi unanimità degli studiosi, inclusa la più autorevole esegesi cristiana, ritiene che l’apostolo Matteo, in merito al vangelo attribuitogli, non sia stato l’autore e neppure un testimone oculare e che “c’è un accordo quasi unanime nei circoli scientifici di oggi che l’evangelista è sconosciuto, anche se continuiamo a usare il nome «Matteo». La sua dipendenza da Marco (e da Q, un corpo dei detti di Gesù in greco, noto anche a Luca) indica che non era un testimone oculare del ministero di Gesù”.

Anche in merito all’attribuzione a Matteo della Fonte Q, gli esegeti della Bibbia di Gerusalemme precisano: “Alcuni hanno perfino proposto di identificare la fonte Q (raccolta soprattutto di «parole» di Gesù) con Matteo, del quale Papia dice che ha messo in ordine i «detti» del Signore. Ma Papia usa la stessa espressione per indicare Marco (cf anche il titolo della sua opera) e nulla permette di pensare che il Matteo di cui parla contenga solo dei logia [detti di Gesù]”.
A Matteo sono anche tradizionalmente riferiti dei testi apocrifi: il Vangelo dello pseudo-Matteo, che parla dell’infanzia di Cristo, gli Atti di Matteo e il Martirio di Matteo che ne descrivono la predicazione.

Secondo la tradizione della Chiesa, Matteo viene raffigurato insieme ad un uomo alato che lo ispira o gli guida la mano mentre scrive il Vangelo. L’uomo alato è uno dei quattro esseri viventi presenti nel libro di Ezechiele e nel libro dell’Apocalisse. Ciò perché il Vangelo di Matteo esordisce con la genealogia terrena e l’infanzia di Gesù Figlio dell’uomo, sottolineandone quindi la sua umanità.

Caravaggio, San Matteo e l’angelo (Fonte: Wikipedia)

Biografia

I pubblicani costituivano una delle categorie più odiate dal popolo ebraico. Gli esattori delle tasse pagavano in anticipo all’erario romano le tasse del popolo e poi si rifacevano come usurai tartassando la gente. I sacerdoti, per rispettare il primo comandamento, vietavano al popolo ebraico di maneggiare le monete romane che portavano l’immagine dell’imperatore. I pubblicani erano quindi accusati di essere peccatori perché veneravano l’imperatore.

Gesù passò vicino al pubblicano Levi e gli disse semplicemente Seguimi (Marco 2,14). Ed egli, alzandosi, lo seguì. E immediatamente tenne un banchetto a cui invitò, oltre a Gesù, un gran numero di pubblicani e altri pubblici peccatori. Il riferimento a un esattore di imposte a Cafarnao, di nome Levi, compare anche in Luca 5,27. Lo stesso episodio è riportato in Matteo 9,9, dove però il pubblicano è citato come Matteo. Levi e Matteo si ritengono generalmente la stessa persona. Gesù lo scelse come membro del gruppo dei dodici apostoli e come tale appare nelle tre liste tramandate nei tre vangeli sinottici: Matteo 10,3; Marco 3,18; Luca 6,15. Il suo nome appare anche in Atti 1,13, dove si menzionano gli apostoli che costituiscono la timorosa comunità sopravvissuta alla morte di Gesù.

Il nome Matteo vuol dire Dono di Dio. Alcuni suppongono che abbia cambiato il nome come una forma tipica dell’epoca, per indicare il cambiamento di vita, analogamente a Simone, poi Pietro, e Saulo, poi Paolo.

Secondo alcune tradizioni, riportate da Clemente Alessandrino e dallo gnostico Eracleone, morì per cause naturali. Secondo altre Passiones apocrife, attestate nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, portò alla conversione il re Egippo e la terra su cui regnava, l’Etiopia, dopo aver fatto risorgere miracolosamente la figlia Ifigenia. La tradizione racconta anche che, alla morte del sovrano, gli successe sul trono il re Irtaco, fratello di Egippo, che avrebbe voluto sposare la figlia del re defunto, Ifigenia, che però aveva consacrato la sua verginità al Signore.

Dal momento che la giovane rifiutò la sua proposta di matrimonio, Irtaco chiese a Matteo di persuaderla a concedersi a lui. Ma il santo in risposta lo invitò ad ascoltare una sua predica che avrebbe tenuto il sabato successivo nel tempio al cospetto di tutta la popolazione. Quel sabato l’apostolo proclamò solennemente che il voto di matrimonio di Ifigenia con il re celeste non poteva essere infranto per il matrimonio con un re terreno perché se un servo usurpasse la moglie del suo re sarebbe giustamente arso vivo. Il santo sarebbe stato ucciso sull’altare mentre celebrava la messa, trafitto a colpi di spada da un sicario inviato dal re.

Martirio di san Matteo di Jan de Beer, 1530-1535 circa (Fonte: Wikipedia)

Culto

La festa del santo ricorre il 21 settembre. Ogni anno nella città di Salerno si festeggia come patrono con una solenne processione che attraversa il centro storico. Accanto a lui sfilano altri tre santi, i martiri Caio (Gaio), Antes (Ante) e Fortunato, che – nonostante rappresentino tre figure maschili – sono chiamati tradizionalmente “le sorelle di Matteo”, confondendoli con le sante Archelaa (Archelaide), Tecla e Susanna, anche loro martiri del III secolo.

Il capoluogo campano, fino al secondo dopoguerra, ricordava ogni anno il miracolo avvenuto nel 1544. Secondo la leggenda fu solo grazie all’intervento del Santo Patrono che la città di Salerno si salvò dall’attacco dei pirati saraceni. Si venera anche a Casal Velino (SA) nella frazione Marina dove le spoglie dimorarono per circa 4 secoli presso l’odierna cappella di San Matteo “ad duo flumina”. La festa si articola in due giorni: 20 e 21 settembre. La sera del 20 con i solenni vespri e il giorno 21 con la solenne processione per le vie del paese con il simulacro del Santo.

Reliquie

Le sue reliquie giunsero a Velia, in Lucania, intorno al V secolo. Qui rimasero, sepolte, per circa quattro secoli. Il monaco Atanasio rinvenne il corpo del Santo nei pressi di una fonte termale dell’antica città di Parmenide. Lo stesso Atanasio portò le spoglie presso l’attuale chiesetta di San Matteo a Casal Velino. Il modesto edificio dalla semplice facciata a capanna presenta, alla destra dell’altare, l’arcosolio. In questo punto, secondo tradizione, furono depositate le sacre reliquie del Santo. Un’iscrizione latina piuttosto tarda (XVIII sec.), incastonata sul lato corto dell’arcosolio, ricorda l’episodio della traslazione. Successivamente le ossa arrivarono presso il Santuario della Madonna del Granato in Capaccio-Paestum.

Ritrovate in epoca longobarda, le portarono il 6 maggio 954 a Salerno, dove sono attualmente nella cripta della cattedrale.

 

 

Fonte: Wikipedia