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Commento al Vangelo, 9 novembre 2025 – Gv 2, 13-22

Oggi la liturgia celebra la festa della dedicazione della Basilica Lateranense, la cattedrale del vescovo di Roma, consacrata a Cristo Salvatore, una festa che risale al primo secolo dell’anno mille, anche se le sue radici risalgono ai primi secoli dell’era cristiana.
In occasione di questa festa viene proposto il brano del Vangelo dove Gesù compie dei gesti abbastanza insoliti: Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
Ci si domanda il perché di questo comportamento, che può lasciarci perplessi e stupiti.
La risposta la troviamo nella proposta evangelica che Gesù ci offre: la salvezza non si compra, ma è un dono gratuito e generoso di Dio. La salvezza non è un premio, è un regalo; è opera di Dio!
In occasione della festa di Pasqua, come di altre feste giudaiche, una folla considerevole saliva a Gerusalemme per rendere culto a Dio, offrendo in sacrificio una grande quantità di animali come prescriveva la Legge. Così si rendeva necessario comprare tutto ciò che serviva a tale scopo. Per questo troviamo animali in vendita e cambiavalute per cambiare le monete, che riportavano effigi pagane, con monete ebraiche, le uniche lecite per l’uso cultuale. In questo non vi era nulla di strano.
Ma Gesù offre una visione diversa: per essere graditi a Dio non sono necessari sacrifici. Ciò che è gradito a Dio è, invece, l’offerta di noi stessi, un’offerta spirituale e non materiale. In questo modo Gesù afferma decaduto il vecchio culto materiale per un nuovo culto spirituale. Ecco che in questa cornice si comprende l’affermazione di Gesù: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere… egli parlava del tempio del suo corpo.
Se la salvezza è Dio stesso che viene incontro alla nostra miseria e che i nostri sforzi non potranno mai raggiungerla proprio perché essa è un dono e non un premio, il nostro atteggiamento fondamentale non è fare qualcosa, ma ricevere. Siamo messi nella situazione di impossibilità per cui l’unica cosa che possiamo fare è aprire le mani come dei poveri e ricevere quello che Dio ha deciso di donarci, la Sua salvezza, il Suo stesso Figlio Gesù. È Lui il vero Salvatore, la vera salvezza.
Se Gesù è l’unico salvatore, allora possiamo rassicurare il nostro cuore qualsiasi cosa ci rimproveri, possiamo alzare lo sguardo pieno di speranza e sorridere alla vita nonostante a volte non sia per niente gentile nei nostri confronti. Risulta così che uno solo è veramente buono: Dio. Per questo si gioisce non perché si è bravi e meritevoli per le perfezioni raggiunte, ma perché Dio è sempre benevolo verso ciascuno di noi.
Questa è la conversione richiesta dal Vangelo, non altro.
Ma questa è anche la più grande nostra difficoltà: dipendere da Dio ed affidarsi a Lui. Sempre siamo tentati di liberarci di Dio e di addomesticarLo con le nostre opere ed i nostri meriti.
Portiamo dentro la tentazione di mantenere le distanze da Dio in modo tale da godere di una propria autonomia, un’autonomia illusoria e falsa come lo è stato per Adamo ed Eva, come raccontato nella Genesi. È sempre la stessa tentazione che ci insegue come un’ombra, mentre Gesù ci offre una via diversa, contraria: la vera libertà, la vera gioia, la nostra piena realizzazione è metterci nella mani di Dio. Questa è la salvezza.
Per stare alla presenza di Dio, per essere in comunione con Lui non è più richiesta nessuna compra, nessun baratto. Si va da Dio non per dare, ma per ricevere. Si va al Tempio a mani vuote per ricevere ciò che Dio ha preparato per noi, una resurrezione della nostra vita, che comincia con la liberazione dalla paura di non meritare il dono di Dio, di non essere degni del Suo amore.
Eliminiamo ogni tentativo di comprarci la salvezza affidandoci a Dio che è buono, mettendo a nudo la nostra povertà, con le mani aperte per ricevere misericordia e consolazione. Esponiamo il nostro bisogno rischiando di fidarci della Sua misericordia. E prima ancora di aver ricevuto, perché certo è il Suo ascolto e la Sua benevolenza, ringraziamo. Così noi stessi saremo un vero sacrificio gradito, un sacrificio eucaristico dove offerta e gratitudine diventano comunione.
Andare a mani vuote con un cuore grato: è tutto ciò che ci è richiesto, nulla di più!
Celebrare oggi festa della dedicazione della Basilica Lateranense non è un segno di unità con la Chiesa, ma è soprattutto essere uniti cristologicamente: tutti siamo salvati, per puro dono, da un unico Salvatore, Gesù di Nazareth, il Cristo.