Commento al Vangelo, 24 agosto 2025 – LC 13, 22-30
Durante il cammino verso Gerusalemme, un tale chiede a Gesù quanti sono quelli che si salvano. Gesù non risponde alla domanda, ma porta il discorso su un altro piano invitando il tale a sforzarsi ad entrare per la porta stretta.
Ma cos’è questa porta stretta?
Per capire l’affermazione di Gesù circa la porta stretta, bisogna soffermarsi sulla similitudine del padrone di casa, che lascia fuori coloro che credevano di avere diritto di entrata perché vantavano una certa conoscenza con il padrone. Questi avevano mangiato e bevuto in sua presenza, ascoltato i suoi insegnamenti, eppure ciò non ha permesso loro di entrare nella casa del padrone.
Chi sono questi esclusi?
Si potrebbe pensare ai peccatori che non si sono convertiti alla predicazione di Gesù. Ma ciò sembra essere contraddetto da ciò che segue dove si accenna che verranno altri da ogni parte del mondo per stare a mensa nel regno, dei veri e propri sconosciuti. I primi si ritrovano esclusi e trattati da perfetti sconosciuti.
Si e così costretti a cercare un’altra interpretazione.
L’immagine della porta stretta ci aiuta nella comprensione. Di notte venivano chiuse le porte di una città, mentre rimaneva aperta, sotto guardia, una piccola per coloro che erano inavvertitamente rimasti fuori. Entrava in città solo ciò che la misura della piccola porta permetteva, mentre tutto il resto rimaneva fuori.
Ora, quale è la misura esatta per entrare nel regno di Dio? Quella che ci rende simili a Dio: la misericordia come ricorda l’evangelista Luca: siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro (Lc 6,36). Vivere la misericordia ci da la possibilità di stare alla mensa del regno e di essere riconosciuti da Dio perché si portano le sue stesse sembianze, quelle della misericordia.
L’essere misericordiosi non viene dalla frequenza alle funzioni religiose, dall’adempimento dei precetti, dalla conoscenza dottrinale e neppure dalla forza morale; non è frutto delle nostre conquiste, ma semmai è frutto maturo delle nostre povertà accolte e consegnate a Dio.
Dio conosce chi è debole ed è costretto a chiedere aiuto, chi è ignorante e deve lasciarsi guidare, chi è debole ed è costretto a mendicare misericordia e comprensione. Questa povertà è il nostro lasciapassare; la nostra vera ricchezza è la nostra povertà.
La porta stretta non indica una misura di perfezione morale. Indica, invece, una vita segnata dalla nostra miseria e dal bisogno di chiedere e ricevere misericordia.
In definitiva si entra nel regno perché si è poveri. Questo ci rende conosciuti da Dio e garantisce l’accoglienza nel Suo regno.
Manteniamo viva la nostra povertà accogliendo noi stessi con serenità e chiedendo continuamente misericordia a Dio.
Manteniamo viva la nostra povertà accogliendo gli altri con serenità senza pretese.
Accogliamoci reciprocamente senza discutere le esitazioni dell’altro, esercitandoci nella compassione, pensando di avere particolari diritti e precedenze rispetto ad altri.
Allora saremo conosciuti da Dio.












