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Commento al Vangelo, 22 giugno 2025 – Lc 9,11-17

Oggi la Chiesa celebra la solennità del Corpo e del Sangue di Gesù che si offre a noi come vero cibo e vera bevanda sotto le specie del pane e del vino. È un dono della vicinanza di Dio, che cammina sempre con noi e non ci abbandona mai: è sempre lì per noi non come un premio riservato solo per qualcuno, ma come fonte di vita e di perdono. Siamo così visibilmente uniti a Gesù.
È Lui stesso che ci viene incontro come ben espresso dal brano evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Gesù si trova di fronte ad una folla di cinquemila uomini che lo aveva seguito per ascoltarLo e per farsi curare. Il giorno stava per declinare e quindi vi era il bisogno di provvedere ad alloggio e cibo per tutta questa quantità di persone. Sono gli stessi discepoli che suggeriscono a Gesù che era giunto il tempo di congedare la gente perché andasse nei dintorni per provvedere ai loro bisogni. Era una proposta sensata e semplice, che possiamo tradurre “ognuno pensi per sé” come se non esistessero altre soluzioni. Spesso infatti così pensiamo e ci comportiamo: da Dio non ci aspettiamo nulla di diverso se non quello che a noi pare logico. Sembra che Lui non possa fare di più per noi, non perché non ne sia capace, ma forse perché in fondo a Lui non interessano tanto le condizioni concrete della nostra vita. Sembra che a Dio interessi solo il pane spirituale, non quello materiale.
È la classica tentazione: risolvere il bisogno andando a cercare ciò che è alla portata delle nostre possibilità. Abbassiamo Dio al nostro livello e snaturiamo ogni gesto di fede che vada oltre le nostre misure umane. Così facendo buttiamo fuori Dio dalla nostra esistenza concreta di ogni giorno. Scaviamo un fossato che è possibile attraversare solo teoreticamente, ma non nella pratica: ognuno deve arrangiarsi e “fare di necessità virtù” come recita un comune modo di dire italiano. La necessità rimane sulle nostre spalle!
In realtà Gesù è il buon pastore che non manda via le pecore, anzi le cerca e le trattiene a sé perché sa dare con abbondanza oltre le loro stesse necessità. Dio non manda via chi ha bisogno!
Mai e poi mai!
Ecco che Gesù moltiplica i cinque pani e i due pesci. Tutti ne ebbero a sazietà e ne avanzarono 12 ceste per indicare un’abbondanza che copre ogni esigenza, ogni preoccupazione, ogni necessità presente e per l’avvenire. Dio dona in abbondanza, sempre!
Il miracolo della moltiplicazione sta a mostrare che Dio sa provvedere alla nostra vita in modo concreto. È la vicinanza di cui abbiamo bisogno, una vicinanza che non si occupa solo di bisogni spirituali, ma di qualsiasi necessità. Viene così mostrata la vera preoccupazione di Dio, quella di non lasciarci soli. In tutti i modi Egli vuole che lo sentiamo vicino.
È l’invito ad avere fiducia in Lui, che come ha parlato alla folla e guarito i malati, così si adopera per il nostro sostentamento. È l’invito a non escluderLo dalle nostre preoccupazioni giornaliere.
Non significa rinunciare ai nostri mezzi ed assumere un atteggiamento quietistico, ma è saper andare oltre ed imparare a non disperare. Il vero miracolo è Dio che pensa a noi.
Nel bisogno siamo chiamati a non agitarci inutilmente come coloro che sono senza speranza. Il bisogno è l’opportunità per iniziare a tranquillizzarsi ed a confidare in Dio che pensa a noi.
Alla luce di tutto ciò comprendiamo come l’Eucarestia è il segno tangibile che non siamo soli, che la fonte della vita è alla nostra portata, per noi che siamo bisognosi di vita e di comunione.
Non scappiamo lontano dal Signore. L’ Eucarestia ne è segno: sempre lì a nostra disposizione.