Approfondimenti

Commento al Vangelo, 6 aprile 2025 – Gv 8,1-11

Ciò che colpisce in questo brano è l’atteggiamento della donna colta in flagrante adulterio, un fatto di fronte al quale non ci sono scusanti. È evidente che la donna ha peccato e secondo la Legge mosaica merita la lapidazione. Una situazione senza vie di uscita. Di certo la donna, di cui non conosciamo il nome, sa cosa l’aspetta. Per di più è costretta a subire un’ennesima umiliazione prima di essere lapidata: viene usata dagli scribi e dai farisei per provocare Gesù.
Infatti la conducono davanti a Gesù a cui ricordano non solo il peccato commesso, ma pure la pena stabilita dalla Legge data da Dio a Mosè, una Legge che non può essere trasgredita. Una situazione imbarazzante e umiliante, a dir poco.
E di fronte a ciò Gesù non risponde, ma chinato si mette a scrivere per terra. Un gesto, questo, che ricorda le prime pagine del libro della Genesi dove Dio crea l’uomo, a Sua immagine e somiglianza, con la polvere del suolo (cfr. Gen 2,7). È l’immagine di Dio che, invece di applicare la Legge, crea una donna nuova, una donna che ancora può camminare libera dalla condanna, capace di non peccare più. Una finale che nessuno s’immaginava, neppure la povera donna. Ma questo è l’agire di Dio con noi: dare sempre futuro!
Tutti possiamo identificarci con la donna perché tutti abbiamo bisogno che ci venga data un’altra possibilità. E quest’altra possibilità si chiama misericordia.
Per Gesù il centro della Legge è la persona a cui spetta un futuro migliore e non un insieme di regole che devono essere eseguite. Ognuno di noi, infatti, è meritevole di misericordia, di possibilità di redenzione, di poter ricominciare ancora. Dio ci tratta così, offrendoci una nuova opportunità. Questo è il senso profondo dell’affermazione di Gesù: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». Tutti valiamo più della Legge e non è lecito identificarci con quello che facciamo: valiamo di più. Ognuno di noi vale la misericordia divina e così Dio ci vede e ci tratta.
Quanto tempo sarà passato tra il silenzio di Gesù impegnato nello scrivere per terra e la Sua reazione agli scribi e ai farisei e la risposta alla donna? Non ci è dato di sapere, ma sicuramente per la donna saranno stati attimi interminabili in attesa della certa esecuzione della pena. Penso ai suoi dubbi e alla paure mentre si preparava a morire sotto i colpi delle pietre; non credo che immaginasse che Gesù l’avrebbe perdonata e salvata. Questa donna, consapevole della sua colpa e certa della pena, non si aspettava un finale diverso, mentre, a sorpresa, scopre un nuovo volto di Dio attraverso il perdono di Gesù, un perdono che diventa una nuova possibilità di vivere.
Questi attimi si saranno scolpiti nel cuore della donna che dalla paura passa alla meraviglia e dalla meraviglia alla gratitudine.
Sono questi i passaggi per ogni discepolo che incontra il volto misericordioso di Gesù, che impara a vivere non più nella paura, ma nella continua meraviglia di un’accoglienza immeritata e di una sincera gratitudine. È il percorso spirituale e umano a cui siamo chiamati: una vita da creatura nuova, fatta ad immagine di Dio che Lui stesso rinnova ogni volta che ci lasciamo guardare dalla Sua misericordia.
Se misericordia significa poter continuare a vivere senza condanna, implica diventare capaci di accogliere chi sbaglia senza scadere in accuse appellandoci a Leggi che non ammettono deroghe, come se fossero emanazioni dirette di Dio. Allora vedremo chi sbaglia, compresi noi stessi, come fratelli e sorelle che possono cambiare solo se accolti con misericordia.
Ciò che viene raccontato in questo brano evangelico è il cuore del Vangelo. Non a caso il tutto viene ambientato nel Tempio come a significare il valore normativo della misericordia, una misericordia che non significa solo perdono, ma che implica la possibilità concreta di ricominciare in modo diverso.
Esercitiamoci nel perdono e nell’accoglienza e scopriremo il volto buono di Dio e il dono della fratellanza; noi saremo i primi a beneficiarne perché tutti siamo un’adultera bisognosa di diventare una persona che continua a vivere libera e nuova.