Commento al Vangelo, 16 marzo 2025 – Lc 9,28-36
Il fatto della Trasfigurazione qui riportato è inserito tra due annunci della passione di Gesù.
Questo contesto particolare ci offre di comprendere la portata di questo evento prodigioso.
Gesù si avvicina all’epilogo della Sua vita e prevede che sarebbe stato rifiutato dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, ucciso, ma che sarebbe risorto il terzo giorno. Per procedere oltre verso Gerusalemme dove tutto si sarebbe compiuto, Gesù ha bisogno di una conferma, di vivere l’esperienza di essere ancora il Figlio eletto che il Padre non ha abbandonato.
Ecco che, quindi, sale sul monte per pregare, per trovare una luce su tutto quanto stava accadendo e su ciò che Lo aspettava. E sul monte viene trasfigurato.
In questo evento ci sono elementi utili anche per la nostra vita.
Mentre Gesù pregava il Suo volto cambia d’aspetto e le Sue vesti diventano candide e sfolgorati: è l’immagine del primo Adamo, dell’innocenza originaria dove tra Dio e l’uomo non vi erano filtri, nessuna foglia di fico, perché non c’era vergogna. È la condizione del figlio amato da un Dio che è Padre. Questo vale anche per noi: siamo pure noi figli amati e, senza vergogna, lasciamoci guardare da Dio che è e sempre rimane un padre che ama. La vera innocenza non è assenza di peccato, ma fiducia nella misericordia di Dio. Recuperiamo la nostra innocenza vivendo da figli mediante una preghiera spontanea, fatta di confidenza, dialogando come si fa tra amici.
Ecco che durante l’evento della Trasfigurazione appaiono due uomini che conversano con Gesù: erano Mosè ed Elia, simboli della fede ebraica, della potenza liberatrice e della fedeltà di Dio alla Sua alleanza. Parlavano del futuro di Gesù, della Suo prossimo esodo da questa terra.
Concretamente cosa avranno detto? Avranno scoraggiato Gesù oppure Lo avranno incoraggiato a non cambiare rotta e di procedere decisamente verso Gerusalemme, sapendo che Dio non Lo avrebbe abbandonato? Quanto bisogno abbiamo di fratelli e sorelle che ci incoraggino ad avere fiducia nel Signore, che ci aiutino ad andare avanti nonostante paure e prove. Solo in questa ottica di perseveranza potremo sperimentare la fedeltà del Signore. Avere fede implica necessariamente avere amici che ci sostengono nel cammino: non si cammina mai da soli. È la logica dell’amore.
Preghiera e amici sono le due componenti che rendono possibile la nostra trasfigurazione, che ci permettono di sentire una voce diversa che attesta che siamo figli e ci fanno entrare in una nube fatta di luce e non di tenebra. È in questa cornice che si rende tangibile la presenza dello Spirito come ombra che ci copre e che si manifesta con la bellezza di stare assieme tra di noi con il Signore, la bellezza di essere fratelli e sorelle.
Le prove della vita, i nostri peccati, le difficoltà, le incomprensioni spesso fanno sorgere il dubbio se siamo veramente amati da Dio. Come reagire? Mettendoci nelle giuste condizioni per sperimentare che siamo figli amati attraverso la preghiera e gli amici: una preghiera fatta di ascolto del Vangelo e un’amicizia fatta di presenza affettuosa. Questo ci donerà la forza di continuare nel nostro cammino, indipendentemente da cosa ci riserverà il futuro perché confermati dalla bontà di Dio che mai abbandona.
Dedichiamo tempo per ascoltare il Vangelo nella preghiera e per stare con gli amici: così sperimenteremo che il Signore è vicino e avremo momenti di trasfigurazione che ci confermeranno nel cammino e nella fiducia nella Sua misericordia.










