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Commento al Vangelo, 9 marzo 2025 – Lc 4,1-13

Nella prima domenica di Quaresima, la liturgia ci presenta il brano dove Gesù viene tentato da
diavolo nel deserto per quaranta giorni. Le tentazioni, qui descritte, sono non solo una tappa particolare della vita di Gesù, ma una costante dove ogni volta si presenta la scelta tra la proposta di Dio e la proposta del diavolo. Sarà così per tutta la vita terrena di Gesù. Ed il deserto è la cornice dove avvengono queste tentazione, un luogo simbolico che ricorda l’esodo del popolo di Israele in cammino verso la terra promessa. È l’espressione di un camminare fidandosi di Dio nonostante ci siano vie alternative e apparentemente più semplici, immediate e logiche.
Per Gesù accogliere la proposta del Padre implicherà scegliere di confidare in Lui al di là delle incertezze, anche se ciò comporterà subire la sorte dei profeti, quella di essere rifiutato. Il diavolo propone sempre il contrario: assicurarsi fin da ora il successo della missione ed eludere ogni fiducia in Dio.
In realtà è Dio che guida la nostra vita ed immancabilmente Lui ci porta alla resurrezione. Ecco che le tentazioni sono una costante palestra per rafforzare la nostra fiducia e per non arrenderci alle difficoltà e alle paure che si incontrano nel cammino. Esse irrobustiscono la nostra speranza rendendola certa e sicura.
Così le tre tentazioni, pane, potere, pinnacolo del tempio, saranno l’occasione dove ogni volta Gesù sarà invitato a scegliere se fidarsi del Padre oppure se scegliere un tipo di messianicità mondana dove il risultato sembra già scontato e senza difficoltà. L’intenzione del diavolo è quella di mettere sempre più spazio tra noi ed il Signore, di spingere a non fidarsi di Dio, a non accogliere il Suo progetto e tentare di modificarlo e per renderlo più consono alle nostre attese ed eludere le paure di un fallimento.
Concretamente siamo sempre messi nella situazione di non accogliere la vita così com’è, di evitare le prove, i limiti, a non lasciare il futuro in balia di Dio e quindi a fare qualsiasi cosa per assicurare l’esito. Alla fine il diavolo non vuole altro che presentare Dio come un estraneo della nostra vita, crudele e geloso della nostra felicità. È ciò che si rinnova ogni volta davanti ad una prova: o ci si fida di Dio o ci si fida di se stessi. La tentazione sottilmente ci esaspera fino a farci dubitare dell’amore di Dio come quando Gesù sulla croce è stato sottoposto di cedere alla richiesta di scendere per mostrare a tutti la Sua messianicità o continuare a fidarsi del Padre che apparentemente sembrava inerme di fronte al dolore del Suo Figlio.
Fino a che punto fidarsi di Dio? Forse è questo lo scopo di ogni tentazione.
Quante volte vorremmo che Dio rispondesse secondo le nostre aspettative con la presunzione che allora ci sarebbe più facile credere, pensando di essere così più felici. Quante volte dubitiamo del Suo amore, abbiamo paura e vogliamo forzare la Sua mano: abbiamo paura che alla fine Dio ci deluda e in qualche modo ci inganni e così si cede alle tentazioni.
Come resistere alla tentazione di non fidarsi di Dio?
Se Gesù fosse sceso dalla croce, non avrebbe vissuto la resurrezione. Così la nostra vita cambia quando abbiamo fiducia in Dio, quando non abbiamo paura di dipendere da Dio, quando impariamo a guardare al futuro aggrappati alla Sua misericordia, senza lasciarci determinare dal presente. È guardare oltre e intravedere in mezzo alle prove e alla paura la resurrezione: domani ci sarà la benedizione, qualunque essa sia, perché Dio è fedele e non ci abbandona mai nella prova.
Nel deserto Gesù non era da solo; è andato pieno di Spirito Santo. Così anche noi non siamo soli, ma sempre c’è lo Spirito che, non sempre allontana le prove, ma ci dona quella forza che non ci fa scappare.
Non spaventiamoci delle tentazioni, ma fiduciosi camminiamo nelle vie del Vangelo. Così vinceremo ogni paura, sperimenteremo che Dio non ci abbandona e avremo una mentalità di resurrezione.