Sinodo – Intervista al cardinale Augusto Paolo Lojudice – La nostra missione in cammino con il Signore
Al termine di un lungo cammino qual è stato il percorso sinodale (2021-2024), tutta la Chiesa si trova dinanzi ad un documento che, con valore di magistero, segna un punto di riferimento per proseguire nell’impegno intrapreso. Un impegno che si è mosso quasi in sordina in tante parrocchie, ma pur sempre caratterizzato da un certo curioso entusiasmo, e che ora trova alcuni termini di riferimento per proseguire «in cammino con il Signore», sempre e ancora di più sotto la guida dello Spirito Santo.
Il documento finale del Sinodo, celebrato a Roma dal 2 al 27 ottobre, è ora in mano a tutti. Distribuito in 155 paragrafi, il contenuto è articolato in cinque parti: il loro titolo costituisce già un invito a prenderne visione e a rimanere con maggior entusiasmo e più attenta consapevolezza in un perenne atteggiamento sinodale: «Il cuore della sinodalità: chiamati dallo Spirito Santo alla conversione» (I); «Sulla barca, insieme. La conversione delle relazioni» (II); «Gettate la rete. La conversione dei processi» (III); «Una pesca abbondante. La conversione dei legami» (IV); «Anch’io mando voi. Formare un popolo di discepoli missionari» (V).
Da queste prospettive – introdotte e guidate dai racconti della Risurrezione – poniamo altrettante domande al nostro Vescovo; pur non avendo partecipato di persona ai lavori sinodali, egli incoraggia tutti a continuare in questo cammino di «conversione» prospettato dal Sinodo. Ora si apre, infatti, la vera sfida che è necessario raccogliere per tradurre in pratica un’intuizione che ci ha coinvolti – parrocchie, associazioni e diocesi, in tutto il mondo – per ben tre anni.
Eminenza, con il documento finale del Sinodo ci troviamo di fronte ad una sfida che solleciterà ancora di più il nostro lavoro di discepoli, chiamati a contemplare i segni delle ferite del Risorto. Si poteva immaginare un simile risultato sinodale?
Se ci venisse mancare la certezza che è lo Spirito che guida la Chiesa non potremmo essere testimoni, oggi, di quanto si sta declinando nella Chiesa che intende rimanere sempre con i piedi nel presente ma con il cuore aperto ad ogni sollecitazione per tradurre il Vangelo nel quotidiano.
Con il Vaticano II la Chiesa ha vissuto un evento straordinario; con l’intuizione di Paolo VI nell’istituire l’evento sinodale si è fatto un passo ulteriore che ha provocato una circolazione di vitalità in tutti i continenti. Con questo ultimo Sinodo si è compreso che il cammino va fatto ancora di più e meglio “insieme”. Ce lo chiede l’immane attesa dell’umanità alle prese con le più diverse urgenze e tragedie. E la Chiesa non può rimanere inerte. Le ferite del Risorto sanguinano ancora oggi; la Chiesa è chiamata a riconoscerle e a curarle. Il Sinodo ci offre ora percorsi di cura, ma anche di prevenzione! È un atteggiamento di conversione di metodi e di attenzioni quello che traspare da quanto leggiamo nella prima parte del testo.
Tutti sulla stessa barca! È una realtà che impegna a sapersi relazionare con se stessi e con tutti. Perché un richiamo così forte alla categoria della relazionalità?
Già Benedetto XVI nella Caritas in veritate aveva sottolineato l’urgenza di approfondire questa categoria della “relazione”. Ora il Sinodo ci mette di fronte ad una vera e propria “conversione delle relazioni”. Sì, si tratta di relazioni nuove, determinate da una pluralità di contesti, ma anche corroborate dalla ricchezza offerta dalla presenza di carismi, vocazioni e forme di ministerialità; e tutto questo finalizzato al servizio di quell’armonia cui tutti aspirano, anche se le metodologie non sempre sono così raffinate e in sintonia con lo Spirito per un’autentica missione sulle orme degli Apostoli. «Il desiderio di relazioni più autentiche e significative non esprime soltanto l’aspirazione di appartenere a un gruppo coeso, ma corrisponde a una profonda consapevolezza di fede: la qualità evangelica dei rapporti comunitari è decisiva per la testimonianza che il Popolo di Dio è chiamato a dare nella storia» (n. 50).
L’immagine del «gettare la rete» richiama l’attualità dell’invito-comando di Gesù. Quella volta le parole furono rivolte a Pietro; oggi sono – come sempre – per tutta la Chiesa. Quale metodo può scaturire da questo comando?
Il contenuto della terza parte del documento è eloquente. Introdotto da quell’affermazione – «conversione dei processi» -, il testo invita ad osservare con attenzione la realtà che ci circonda e in cui la Chiesa si trova a vivere e a operare. Se la situazione richiede processi decisionali che domandano di essere articolati, richiede pure trasparenza e coraggio nel saper valutare e verificare le modalità dei processi, in modo da coinvolgere o comunque da sollecitare sempre più una partecipazione effettiva del popolo di Dio. Il «si è sempre fatto così» non è un’espressione che può dettar legge, ma non permette di raggiungere quegli obiettivi che le urgenze sempre nuove sollecitano. È lo Spirito che ce lo chiede! Infatti «nella Chiesa esiste una grande varietà di approcci al discernimento e di metodologie consolidate. Questa varietà è una ricchezza: con gli opportuni adattamenti ai diversi contesti, la pluralità di approcci può rivelarsi feconda» (n. 86).
Più impegnativo sembra il confronto con quanto proposto nella quarta parte del documento che, sotto il titolo «una pesca abbondante», invita alla «conversione dei legami». Perché questa sottolineatura?
La consapevolezza di essere tutti pellegrini su questa terra costituisce un chiaro invito alla condivisione, a quello scambio di doni che rende ancora più fratelli.
Questo progetto è fondato su una garanzia: quella offerta da quei legami per l’unità che sono garantiti e verificati dalle più diverse assemblee ecclesiali dove ci si confronta per trovare la metodologia più adeguata per fai incontrare il Vangelo con le tante culture. «La storia ci appare segnata tragicamente dalla guerra, dalla rivalità per il potere, da mille ingiustizie e sopraffazioni. Sappiamo però che lo Spirito ha posto nel cuore di ogni essere umano il desiderio di rapporti autentici e di legami veri» (n. 154). Così hanno fatto gli Apostoli; così ci appare la lezione della storia; e in tutto questo emerge il ruolo essenziale del servizio svolto dal Vescovo di Roma.
«Anch’io mando voi». Sono le parole del Maestro che abbiamo accolto tante volte. Ora risuonano come un invito impellente; si tratta di formare un popolo di «discepoli missionari». Eminenza, come intravede la missione che ci sta dinanzi?
L’ultima parte del documento sinodale invita all’operatività, al darsi da fare. È la sfida che ora si pone dinanzi ad ogni Conferenza episcopale, ad ogni comunità diocesana e parrocchiale, ma anche ad ogni aggregazione di fedeli. Quel «banchetto per tutti i popoli»
richiede di essere costantemente approntato. «Il racconto della pesca miracolosa termina con un banchetto. Il Risorto ha chiesto ai discepoli di obbedire alla sua parola, di gettare le reti e tirarle a riva; è Lui però che prepara la mensa e invita a mangiare. Ci sono pani e pesci per tutti, come quando li aveva moltiplicati per la folla affamata. C’è soprattutto lo stupore e l’incanto della Sua presenza, così chiara e lucente da non richiedere domande. Mangiando con i Suoi, dopo che lo avevano abbandonato e rinnegato, il Risorto apre di nuovo lo spazio della comunione e imprime per sempre nei discepoli il marchio di una misericordia che spalanca al futuro» (n. 152).
Eminenza, mentre la ringraziamo per la sua disponibilità, in conclusione può dirci quali parole, fra le tante del documento sinodale, la colpiscono di più?
È arduo fare una scelta, perché ogni espressione ha il colore del dono dello Spirito. E tuttavia nel n. 6 leggiamo: «Non ci nascondiamo di aver sperimentato in noi fatiche, resistenze al cambiamento e la tentazione di far prevalere le nostre idee sull’ascolto della Parola di Dio e sulla pratica del discernimento. Eppure, la misericordia di Dio, Padre tenerissimo, ci consente ogni volta di purificare i cuori e di proseguire il cammino».
E infine l’auspicio formulato nel n. 9: «Il processo sinodale non si conclude con il termine dell’attuale Assemblea del Sinodo dei Vescovi, ma comprende la fase attuativa. Come membri dell’Assemblea, sentiamo come nostro compito impegnarci nella sua animazione come missionari della sinodalità all’interno delle comunità da cui proveniamo. A tutte le Chiese locali chiediamo di proseguire il loro quotidiano cammino con una metodologia sinodale di consultazione e discernimento, individuando modalità concrete e percorsi formativi per realizzare una tangibile conversione sinodale nelle varie realtà ecclesiali».
Il Direttore Spirituale
Prof. Don Manlio Sodi