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Commento al Vangelo, 1 settembre 2024 – Mc 7,1-8.14-15.21-23

«Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
A questa domanda dei farisei, Gesù risponde in modo molto chiaro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro».
Gesù va al cuore della Legge: ciò che conta non è ciò che facciamo, ma a chi ci affidiamo. Infatti il pensiero evangelico è molto chiaro: siamo salvati non per le opere, ma da Gesù stesso nel quale confidiamo.
Ecco che quindi la nostra vita assume un significato diverso: ciò che conta è il nostro affidamento a Gesù. Siamo in comunione con il Signore non in base alle cose che facciamo, non sono esse che ci avvicinano o ci allontanano da Dio; in realtà siamo in comunione con Dio grazie alla Sua misericordia che ci viene incontro proprio perché il nostro cuore ne ha bisogno.
Pertanto affidarsi a Gesù comporta avere il coraggio di vivere la Sua vicinanza fatta di accoglienza e misericordia. Infatti siamo vicini a Lui nella misura che sappiamo consegnarGli il nostro cuore con tutto ciò che vi è dentro, di buono e di cattivo.
Pertanto non sono le nostre opere, ma la misericordia di Dio che ci rendono a Lui graditi. È questa bontà divina che ci rende puri, mentre le opere possono farci correre il rischio di illuderci di essere a posto perché operiamo bene come se la purezza fosse frutto dei nostri sforzi e non un dono di Dio.
Essere puri in definitiva non significa principalmente fare o non fare determinate cose, ma è affidare il nostro cuore a Dio che tutto vede e conosce e così sperimentare la Sua vicinanza che si manifesta ogni volta che lo invochiamo.
Pertanto preoccupiamoci di invocare il Signore sempre e in ogni situazione, allora Lo sentiremo vicino e la Sua vicinanza ci renderà puri, cioè Suoi amici.