Tutti là siamo nati!
Chi ha la consuetudine di pregare con l’aiuto dei Salmi si sarà incontrato con le prole del Salmo 87: un breve testo che inneggia a Sion come madre di tutti i popoli. Le nazioni ricordate nel Salmo – l’Egitto, Babilonia, Filistea, Tiro, Etiopia – delineano una geografia spirituale che idealmente fa convergere verso Sion (Gerusalemme) ogni lingua, popolo e nazione quasi anticipo dell’universalismo messianico.
Per ben tre volte in sette versetti si fa riferimento alle origini, alle sorgenti, agli inizi del proprio cammino di popoli e nazioni; sono sorgenti che riconducono nelle terre di Abramo. Sì, proprio in quelle terre appena visitate per la prima volta da un Vescovo di Roma, il papa Francesco, nelle terre che hanno visto tra l’altro la formulazione della più antica preghiera eucaristica, quella che va sotto il nome di Addai e Mari.
La visita ha dato occasione ai media e ai social di far riemergere dalle terribili nebbie di violenze avvenute in questo terzo millennio a danno di fratelli cristiani e di tanti altri. La terra mesopotamica sembra essere stata all’origine di tante civiltà; è testimone di millenni di pacifiche convivenze di popoli da cui sono scaturiti monumenti culturali di vario genere con riflessi anche in alcuni scritti della Bibbia. E i Salmi ne certificano esempi eloquenti.
Quale lezione può provenire, ora, da questo 33mo viaggio apostolico di papa Francesco? Il messaggio è molteplice, e costituisce un deciso incoraggiamento per chi vive in quelle terre e per tutti coloro come noi che forse ci sentiamo lontani, ma che di fatto ci ritroviamo ancora più vicini nella scoperta delle nostre origini.
Un giornale decisamente laico ha aperto con il titolo: «Il patto di Abramo». I due personaggi della foto notizia – papa Francesco e l’ayatollah Alì Sistani – si guardano per riconfermare che proprio nel patto di Abramo può tornare la pace, la serena convivenza e il giusto rispetto tra popoli e culture. È un patto quello di Abramo che chiama in causa una fede in un Dio che va ricercato e che si lascia incontrare e trovare solo da colui che ha il cuore libero da ogni forma di egoismo. Il «patto di Abramo» allora può costituire una rinnovata «magna charta» che scaturisce purtroppo da tanto sangue versato, da tanto odio scaturito da ideologie infami che hanno nulla a che vedere con quella dignità che ogni persona possiede e che va rispettata.
È in quella risposta di Abramo che partì senza sapere dove andava che è chiamata a muoversi anche ogni persona libera da ideologismi o da meschine visioni egoistiche: non sono queste che scrivono le vere pagine della storia, quelle pagine che tendono a rendere l’umanità sempre più degna di questo termine.
C’è da rendere onore alla storia gloriosa e martoriata delle comunità cristiane della Mesopotamia: a loro riconosciamo le sorgenti della nostra fede; da loro si è mossa l’evangelizzazione verso altre terre fino all’India e alla Cina. Il sangue dei tanti martiri antichi e recentissimi non grida vendetta, ma auspica una rinnovata primavera. E papa Francesco ne ha inaugurata la stagione chiamando «tutti» – credenti e non credenti – a sentirsi, a operare e a vivere da «fratelli» perché «non c’è pace senza fratellanza».