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La Professione di fede dei giovani italiani. In preghiera per la pace

“Disarmiamo i nostri cuori per disarmare cuori e mani di un mondo violento, per guarirne le cicatrici, per impedire nuovi conflitti”. È l’appello che il Card. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI, ha rivolto ai giovani italiani, riuniti in piazza San Pietro per la loro Professione di fede, nell’ambito del Giubileo. “Sentiamo la chiamata e la forza umanissima e possibile di essere discepoli di Gesù, operatori di pace in un mondo come questo, per difendere la vita sempre dal suo inizio alla fine, di tutti, senza distinzioni, rivestendo la persona sempre di dignità e cura”, è stato l’appello del Presidente che ai ragazzi ha chiesto di non abituarsi “a una sofferenza infinita, frutto della disumana, primitiva, temibile logica del più forte”. “L’umanità deve porre fine alla guerra o la guerra porrà fine all’umanità”, ha affermato il Card. Zuppi che ha invitato a costruire comunità che siano “case di pace, piccole ma mai mediocri, grandi perché umili, libere perché legate dall’amore, capaci di lavorare gli uni per gli altri e di pensarsi insieme”.
“Sono tante le persone che, in questo mare incredibile di sfiducia e di odio, sono ancora capaci di mettersi in gioco per fare qualcosa per l’altro, perché credono nell’altro e non si arrendono a questa situazione di ‘io e nessun altro’, ma puntano sul ‘noi insieme’”, ha sottolineato il Card. Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme, in un videomessaggio trasmesso prima della Professione di fede.
Il momento di preghiera, conclusosi con lo scambio della pace, è stato preceduto da un pomeriggio all’insegna della testimonianza e della musica. Un percorso tra parole e note, curato da Paolo Logli, che ha aiutato a riscoprire l’attualità della figura dell’apostolo Pietro. Attraverso i monologhi interpretati da Giorgio Pasotti, le frasi del Vangelo lette da Luca Violini, le canzoni di Amara, Pierdavide Carone, Mimì e Mr Rain, ma anche grazie ad alcune testimonianze. Laura Lucchin ha raccontato “l’esperienza meravigliosa e unica” di essere la mamma di Sammy Basso, morto a 28 anni a causa della progeria. “Sammy mi ha insegnato che questa vita altro non è che il passaggio che ognuno di noi deve compiere per arrivare alla vita vera e al cospetto di Colui dal quale tutto ha inizio, il Signore nostro”, ha detto mentre la piazza si raccoglieva in silenzio. “I giovani, spesso considerate pietre scartate, potranno diventare, con la Bellezza, testate d’angolo di un nuovo sistema di sviluppo. Così come è accaduto al Rione Sanità. A Napoli diciamo che ‘se po’ campà senza sapé pecché, ma non se po’ campà senza sapé pecchì’ …si può vivere senza capire il motivo della propria esistenza, ma non si può vivere senza sapere per chi si vive”, ha evidenziato don Antonio Loffredo, già parroco del Rione Sanità, che ha investito sui giovani e sulla loro capacità di riscatto sociale. “Trovate qualcosa che vi riempia il cuore, e dedicategli la vita”, è stato l’incoraggiamento di Nicolò Govoni, scrittore e fondatore di “Still I Rise”, un’organizzazione umanitaria in prima linea per l’educazione di bambini profughi e vulnerabili in varie aree del mondo.
Da piazza San Pietro, sulle orme di Pietro, è ripartito il cammino dei giovani italiani, pronti a essere annunciatori di speranza e costruttori di pace.

 

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