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Commento al Vangelo, 7 maggio 2023 – Gv 14,1-12

In prossimità degli eventi pasquali Gesù annuncia ai discepoli la sua prossima dipartita. A breve sarebbero rimasti soli. Di fronte al loro turbamento, Gesù li rassicura dicendo che sarebbe ritornato per portarli con sé appena avrebbe preparato per loro un posto. Gesù se ne va, ma non li abbandona; va per preparare un futuro migliore. Va per ritornare.
Come porci di fronte a questo annuncio? Perché non dovremmo essere turbati quando sembra in realtà un abbandono per un futuro incerto?
È questa in fondo la nostra vera paura, quella di essere abbandonati, perfino da Dio. Da questo si capisce la domanda di Tommaso che chiede quale sia la via e di Filippo che chiede di mostrare il Padre; non vogliono altro che una sicurezza che esorcizzi questa paura di una attesa indeterminata. Gesù risponde di credere in Lui che è la via, di avere fiducia nelle Sue parole e nelle opere che compie.
Per vincere la paura di essere abbandonati da Dio e di un futuro senza speranza, serve la fede. E questa si nutre di parole e di opere.
Ciò che rassicura il cuore di fronte alle prove della vita è la parola del vangelo di Gesù. Essa porta pace. È con la Sua parola che Gesù ha calmato il mare, ha espulso i demoni, ha perdonato, consolato e compiuto miracoli. La parola porta vita, crea speranza e suscita attesa nel compimento. Essa ci rende capaci di vedere la presenza di Dio anche quando sembra essersi allontanato. È l’invito ad accogliere la parola come promessa, a portarla dentro di sé come luce, a fissarla nella nostra memoria e sulle nostre labbra. Il turbamento si vince con la parola accolta e proclamata.
Le opere che nutrono la nostra fede e vincono il turbamento, non sono le nostre, ma quelle di Dio. L’opera di Dio consiste nel dare speranza e consolazione, nel farci sentire che siamo amati usando la vita nostra così com’è per il nostro bene. Tutto viene ricapitolato, nulla scartato; tutto viene redento. Il Signore sa usare i nostri limiti, le prove della vita, i fallimenti, i nostri peccati, i nostri dolori per trasformaci a Sua immagine. Questa certezza che Dio usa tutta la nostra vita e non butta via nulla toglie il turbamento dal nostro cuore. È l’invito a non disperarsi, ma a vedere che in ogni evento della nostra vita Lui è presente. E per vedere Dio sempre presente serve la disponibilità a ringraziare sempre e per ogni cosa. Il grazie è il collirio della fede.
Alimentiamoci quotidianamente con la parola del vangelo e con la gratitudine, senza disprezzare nulla della nostra vita, e vivremo nella pace e vinceremo ogni turbamento.