Commento al Vangelo, 3 agosto 2025 – LC 12, 13-21
E curioso il dialogo tra Gesù ed un uomo della folla con cui inizia questo brano evangelico: <<Maestro, dì a mio fratello che divida con me l’eredità>>. Ma egli rispose: <<O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?>>.
A prima vista la richiesta era corretta. Orse la condivisione e la mediazione non sono dei valori che rendono giustizia e favoriscono la relazione tra le persone? Ma Gesù sposta il discorso su un livello più alto: la dipendenza da Dio. Dipendiamo da Dio e non dai beni perché non siamo padroni di nulla, solo riceviamo. E questa dipendenza si vive con la generosità come ben risponde Gesù: anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede.
Infatti la vera questione non è chi ha ragione fino a chiamare in causa Dio, ma chi ha il coraggio di lasciare tutto all’altro, beni e ragioni. In questa ottica la giustizia viene superata dalla generosità. La generosità è il grembo dove nasce la giustizia; chi è generoso sarà ultra giusto, non il contrario. Il punto di partenza è la disponibilità del cuore ad andare oltre ciò che è giusto, ad amare fino a perdere. Nel vangelo Gesù chiede che la giustizia sia superata dalla carità. Così infatti ha vissuto ed è morto fino a risorgere per la nostra benedizione: si è fatto carne per arricchire tutti noi con la Sua presenza e la Sua tenerezza e misericordia, dando tutto sé stesso. Gesù ha scelto la generosità!
E la generosità ci fa intravedere e gustare il dono della vita e della fraternità. È facile confondere il nostro valore con ciò che abbiamo come se la nostra esistenza dipendesse da noi, dai nostri sforzi, dai nostri beni e non da Dio che si manifesta nella generosità dei fratelli.
Ciò che affermo non è un inno alla povertà ma alla generosità. Solo essendo generosi, nessuno sarà povero e tutti diventeremmo ricchi, fosse almeno di amore e di fraternità, per cui il mio diventa un mio condiviso, un nostro evangelico dove ognuno vale perché vive per gli altri. E a loro volta gli altri ci permettono di vivere anche a noi. Allora diventeremo fratelli e non una massa in continua lotta per accaparrarsi i beni in cui ci illudiamo di avere sicurezza.
Siamo chiamati a fare gesti di generosità per scoprire che dipendiamo dagli altri, che senza gli altri non ho valore, che senza Dio non valgo nulla. Imparare ad essere generosi per scoprire il dono della vita che mi viene dato da Dio e dai fratelli è la proposta evangelica. La nostra vita non dipende da ciò che abbiamo, ma da ciò che riceviamo da Dio attraverso l’amore reciproco.
Nella parabola per quattro volte viene usato il pronome possessivo mio. Il ricco considerava tutto sua proprietà. Era così accecato che pensava di essere padrone anche della propria vita. Era diventato stolto perché incapace di generosità. Tutto era calcolato e programmato a tal punto che Dio e gli altri non avevano posto nei suoi calcoli.
Per non cadere in questo tragico errore bisogna allenarsi nella generosità che ci permette di vivere la comunione e la dipendenza.
Diventiamo generosi e così ci arricchiremo presso Dio dove si trova il mio fratello.



