Commento al Vangelo, 20 marzo 2022 – Lc 13, 1-9 – III di quaresima
In questo vangelo Gesù afferma una novità rispetto alla teoria della retribuzione: Dio non castiga.
Per la mentalità ebraica del tempo le difficoltà e le disgrazie della vita erano segno di un giudizio divino: si paga la colpa commessa. Questa convinzione in realtà viene dal nostro modo di pensare di uomini segnati dal peccato a cui costa fatica credere nella bontà di Dio. Dopo la perdita del paradiso terrestre, ogni cosa porta la ferita del senso di colpa e tutto viene visto in questa ottica: il bene e il male sono diretta conseguenza delle nostre azioni.
Gesù invece ha un altro modo di pensare: lui non parte dal peccato, ma dalla misericordia di Dio. Ne consegue che il peccato diventa relativo di fronte al suo amore per noi. Pertanto anche se l’uomo pecca, Dio non castiga.
Semmai Gesù afferma che la mancanza di conversione ci auto-condanna. Siamo noi che ci allontaniamo da lui, non viceversa, timorosi di un giudizio che spesso è solo una proiezione del nostro senso di colpa. Abbiamo paura di avvicinarci a Dio perché dubitiamo della sua bontà.
Il vangelo ci insegna un’altra via, quella di vedere le vicende della vita non come una ricompensa di ciò che si è fatto, nel bene o nel male, ma di saper approfittare di ogni cosa per convertirsi.
Convertirsi a che cosa?
La conversione non è un semplice cambio morale; è molto di più. Convertirsi è abituarsi a vedere le nostre vicende come un’opportunità per sperimentare la misericordia del Signore, una misericordia che non si limita solo a perdonare il peccato, ma è soprattutto vivere una relazione di abbandono alla bontà di Dio, di un Dio che fa continuamente sorgere il sole su tutti, sui buoni e sui cattivi (cfr. Mt 5,45), perché davanti a lui non c’è preferenza di persone (cfr. At 10,34).
La parabola del fico non fa altro che confermare questo pensiero: approfittare del tempo presente per portare frutti. Giovanni Battista direbbe: portare frutti di conversione.
Il tempo presente è sempre un tempo di opportunità e non di disperazione perché è stabile l’amore di Dio per noi.
Siamo noi che, di fronte alle difficoltà, vediamo chiudersi ogni possibilità; invece per Gesù ogni tempo, il tempo presente così come si presenta, è possibilità per cambiare, per sperimentare la benedizione del Signore.
Non è evangelico dire “non ci sono più possibilità”, ma è vero il contrario: “tutto posso in Colui che mi dona la forza”. La vita è sempre segnata dalla speranza della resurrezione.
Pertanto non auto-condanniamoci, non perdiamo troppo tempo in estenuanti esami di colpa nel tentativo di cercare dove si annida l’errore, ma profittiamo per vedere l’opportunità che il Signore ci offre per la nostra vita per confidare in lui, per avvicinarci a lui e per sentire la sua vicinanza.
Non lasciamoci prendere dalla disperazione, ma tranquillizziamo il nostro cuore con un abbandono fiducioso, ringraziando il Signore per ogni cosa perché il suo amore rimane immutato ed è sempre presente.