Santi e Defunti: solo tradizioni o gesti di fede?
I giorni che scandiscono l’inizio del mese di novembre sono tradizionalmente consacrati al ricordo. Un ricordo quanto mai intenso e fortemente sentito e vissuto qualora si osservi il movimento di persone che ruota attorno ai cimiteri di ogni paese.
Se il 2 novembre l’attenzione è caratterizzata dalla visita alle tombe, il 1° novembre ne costituisce come una preparazione. La solennità di tutti i Santi ha un’origine antichissima. La Chiesa, sia in Oriente che in Occidente ha sempre onorato la santità di fratelli e sorelle che hanno vissuto in pienezza il Vangelo. Ne è una testimonianza eloquente il calendario liturgico che ogni giorno propone alla venerazione dei fedeli una o più figure di santità. Quando poi tale venerazione è introdotta dalla lettura della pagina del Martirologio allora l’orizzonte della santità si allarga a dismisura ponendo all’attenzione del credente numerose figure di santità fiorite nei secoli e oggetto di venerazione nelle più diverse parti del mondo.
La grande attenzione richiamata dall’appuntamento della festa dei Santi si basa sul fatto che essi sono «testimoni storici» della chiamata di tutti alla santità; sono «discepoli insigni» del Signore; sono «modelli» di vita evangelica; sono «intercessori ed amici» di chi è ancora in cammino in questa vita; sono «patroni» di Chiese locali. Tutto ciò fa sentire i Santi particolarmente vicini nella vita quotidiana, e questo suscita la loro venerazione.
Strettamente unita alla solennità dei Santi è la commemorazione dei fedeli defunti. Se ogni giorno nella celebrazione dell’Eucaristia sono sempre ricordati i defunti, il 2 novembre il ricordo è ancora più intenso, e si trasforma in visita alle tombe, in preghiera dinanzi ai loculi, in gesti di carità nel ricordo dei defunti, in celebrazioni eucaristiche dove la professione di fede nelle risurrezione sta al centro di ogni attesa.
Educare il sentire dei fedeli alla luce della celebrazione eucaristica è invitare alla preghiera perché l’anima del defunto sia associata alla gloria del Signore. È in questo orizzonte che la Chiesa invita ad evitare l’invocazione dei morti per pratiche divinatorie; l’attribuzione ai sogni di effetti immaginari che possono condizionare la vita; il rischio di forme di credenza nella reincarnazione; il pericolo di negare l’immortalità dell’anima.
La vera pietà popolare verso i defunti si esprime in varie forme che considerano – a seconda dei luoghi – la novena come preparazione o l’ottavario come prolungamento della commemorazione dei 2 novembre; la visita al cimitero talora compiuta in forma comunitaria; l’adesione a confraternite per offrire suffragi per i defunti; attivazione di opere di misericordia – talora sotto il titolo di “associazioni” in ricordo di una persona defunta – caratterizzate da attenzione a chi è nel bisogno o all’applicazione di preghiere.
Tradizioni o gesti di fede? L’interrogativo iniziale trova la sua risposta più eloquente qualora si considerino questi due giorni di inizio novembre un particolare momento in cui la memoria delle persone che ci hanno preceduto nell’altra vita non solo si intreccia ma si raccorda in modo unico con la solennità di tutti i Santi. L’esempio della loro vita permane come valido incoraggiamento e sostegno per ogni credente. Essenziale è mantenersi in questo orizzonte; diversamente resta il vuoto di un’esistenza che talvolta rischia di affidarsi a segni di morte dello spirito come quelli espressi dalle «zucche vuote» che da qualche anno stanno certificando il senso di vuoto di valori della nostra società.