Commento al Vangelo, 2 novembre 2025 – Mt 25,31-46
Come entrare in Paradiso e non andare all’Inferno?
Può sembrare una domanda stupida e infantile, ma che in realtà la portiamo dentro, credenti e non. C’è chi parlerà di salvezza, chi di ricompensa, chi di memoria storica, chi di ricongiungimento con l’universo, ecc… secondo le proprie credenze che, però, esprimono la stessa preoccupazione esistenziale di cosa sarà di noi dopo la nostra morte e del peso e delle conseguenze delle nostre azioni fatte in questa vita.
Essendo una domanda profondamente umana, esige un’altrettanta domanda che abbracci ogni uomo.
Il Vangelo della liturgia odierna ci offre una risposta universale, che sa di rivoluzionario e nello stesso tempo rassicura tutti.
Nel brano evangelico Gesù fa ricorso ad immagini molto plastiche per ricordarci ciò che vale veramente nella nostra vita e che ci permette di incontrare la benevolenza divina e, viceversa, ciò che invece annulla ogni prospettiva di un futuro benedetto. Gesù parla di azioni concrete che, a prima vista, non hanno nulla a che fare con le pratiche religiose, con argomenti mistici o credenze; sono azioni caritative concrete, semplici, alla portata di tutti come dare da mangiare, dare da bere, accogliere chi è straniero, vestire chi è nudo, visitare chi è malato o in carcere. Non si parla di preghiera, di ascesi, di culto rivolto a Dio; si parla solo di carità verso persone meno fortunate, persone normali. E l’anima di tutto questo è l’amore verso il fratello; qui Dio non c’entra niente.
Ecco che questo è rivoluzionario: si ama il fratello perché fratello, non perché spinti da una motivazione religiosa o perché in loro si intravede Dio. Si ama perché l’altro è una persona, degna di essere amata, riconosciuta e accolta come tale. È in questo amore che si inserisce Dio stesso: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me come dice bene Gesù nel Vangelo. Sembra che Dio abbia più a che fare con l’amore che con le pratiche religiose. Per ereditare il Regno di Dio, di fatto basta essere solo uomini normali che vivono da uomini. Tutto il resto sembra essere meno importante, se non accessorio.
Se tutti vivessimo da uomini allora tutti diventeremmo pecore dello stesso pastore. Il vero ecumenismo comincia quando ognuno di noi inizia a vivere da uomo, cioè da fratello che sente compassione per il suo vicino. Allora sì ci sarebbe una vera ecologia integrale: un modo dove le differenze mostrano come un mosaico il vero volto di Dio che Gesù ci ha manifestato e che si chiama Amore.
Ricordare questo nel giorno della commemorazione dei defunti è di grande incoraggiamento per tutti noi perché ci indica la via maestra per poter sperare in un futuro pieno di vita, una via che tutti possono percorrere al di là di ogni differenza. Inoltre ci riempie di consolazione per coloro che ci hanno preceduto: basta essere uomini e donne che amano per incontrare Dio e vivere accanto a Lui.
Accogliamo l’invito del Vangelo: viviamo da uomini che amano concretamente e allora incontreremo Dio e Lui sarà accanto a noi oggi e per sempre. E vivere da uomini è possibile perché siamo stati creati per amare nonostante le nostre tante innate povertà. Siamo e rimaniamo capaci di amare! Quindi amiamo concretamente come ci ricorda l’apostolo Giovanni: Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità. In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore (1Gv 3,18-19).














